Rapporto di locazione ed inerzia del locatore nel richiedere il pagamento dei canoni: quali conseguenze?

Claudio Scognamiglio
30 Luglio 2021

Un’ampia, recentissima sentenza della Corte di Cassazione (14 giugno 2021 n. 16743) affronta il tema delle conseguenze di una protratta, ed ingiustificata, inerzia del locatore nel pretendere dal conduttore il pagamento dei canoni.

Nel caso di specie, era accaduto che, nell’ambito di un contratto di locazione di un immobile urbano ad uso abitativo di proprietà di una società familiare, il conduttore – figlio di altro socio della predetta società – non era stato richiesto del pagamento dei canoni per circa sette anni. La prima richiesta di pagamento, estesa a tutti gli arretrati maturati e poi fatta valere in giudizio, era infatti intervenuta all’indomani dell’assegnazione dell’immobile in questione alla moglie divorziata del conduttore – figlio.

Nel giudizio di secondo grado (disattesa dalla Corte d’Appello, così come aveva già fatto il Tribunale, la tesi, svolta in via principale dal conduttore, della natura simulata del contratto di locazione in quanto tale, che avrebbe celato un rapporto gratuito), la domanda di pagamento dei canoni era stata accolta solo per quelli maturati a partire dalla prima richiesta stragiudiziale: ciò sulla premessa che la prolungata inerzia del locatore aveva determinato un ragionevole affidamento del conduttore circa l’assenza di volontà della controparte contrattuale di far valere in effetti il proprio credito.

La Cassazione conferma l’impostazione della decisione d’appello e ne trae occasione per un’articolata messa a punto della rilevanza che può assumere l’inerzia del creditore nel pretendere il pagamento di quanto a lui periodicamente dovuto nell’ambito di un contratto di durata: la conclusione è che, allorché questa inerzia si protragga per un arco temporale particolarmente lungo in relazione alla durata complessiva del rapporto, e si inserisca in un contesto di circostanze tali da fondare l’affidamento del debitore nel senso che il credito gli fosse stato rimesso per contegno concludente, l’improvvisa richiesta di adempimento integrale del debito pregresso costituisce esercizio abusivo del diritto.

Una riflessione compiuta sul ricco impianto argomentativo della sentenza – attento anche alle suggestioni dell’istituto tedesco della Verwirkung ed alle prospettive applicative del canone di buona fede nell’attuazione del contratto – non può essere svolta in poche righe.

Quel che è certo è che la sentenza rappresenta un monito per i creditori troppo a lungo inerti di prestazioni periodiche in contratti di durata: le loro pretese, quanto meno per gli arretrati maturati, rischiano di essere travolte e per di più sulla base di un’eccezione in senso lato, a differenza di quella di prescrizione, e dunque non assoggettata al regime del necessario rilievo di parte ed alle preclusioni processuali proprie delle eccezioni in senso stretto.

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