La responsabilità civile degli hosting provider

Nell’epoca in cui la gran parte delle decisioni del consumatore passa attraverso il web, l’importanza della correttezza delle informazioni rinvenibili nel world wide web è incontestabile.

Cosa accade, allora, nel caso in cui tali informazioni siano errate a tal punto da produrre o rischiare di produrre un danno per l’utente al quale si riferiscono?

Affermare che il prestatore del servizio internet non è assoggettato ad un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmette e memorizza, o di ricercare attivamente fatti e circostanze che indichino la presenza di attività illecite, è certamente corretto.

Il riferimento normativo sul punto è, in effetti, chiaro (cfr. co. 1, dell’art. 17, ‘Assenza dell’obbligo generale di sorveglianza’ del d. lgs. n. 70 del 2003. Si rammenta che tale decreto ha attuato la direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico, recentemente modificata dal Regolamento UE 2022/2065).

Tuttavia, il tema di indagine non si esaurisce qui, dovendo tenersi conto della specifica disciplina che riguarda l’operato dell’hosting provider.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nell’interpretare la norma comunitaria specificamente dedicata alla prestazione del servizio di hosting (rileva, in particolare, l’art. 14 della dir. 2000/31/CE, di cui, come detto, costituisce recepimento il d. lgs. n. 70 del 2003 cit.), ha avuto modo di evidenziare che il prestatore di un tale servizio non può essere ritenuto responsabile per i dati che ha memorizzato su richiesta di un destinatario del servizio, salvo che tale prestatore, dopo aver preso conoscenza, mediante un’informazione fornita dalla persona lesa o in altro modo, della natura illecita di tali dati o dell’attività, abbia omesso di rimuovere prontamente gli stessi o di disabilitare l’accesso (Corte Giust. UE, Grande sezione, 23 marzo 2010, C-236/08, C-237/07 e C-238/08, Google France, 109).

Parallelamente, la nostra Corte di Cassazione, occupandosi della normativa nazionale,

ha rilevato (cfr. sent. Cass. 19 marzo 2019, n. 7708, nonché ord. Cass. 13 dicembre 2021, n. 39763), con principio dal quale non si è discostata in successive pronunce, che il prestatore del servizio di hosting è responsabile con riguardo al contenuto delle informazioni ai sensi dell’art. 16 del d. lgs. n. 70/2003 cit. (‘Responsabilità nell’attività di memorizzazione di informazioni – hosting’) in presenza dei seguenti elementi:

  1. la conoscenza legale dell’illecito perpetrato dal destinatario del servizio (dunque, quando il provider “sia effettivamente a conoscenza del fatto che l'attività o l'informazione è illecita” per averne avuto notizia dal titolare del diritto leso oppure aliunde);
  2. la ragionevole possibilità di constatarlo (“onde l'hosting provider sia in colpa grave per non averla positivamente riscontrata, alla stregua del grado di diligenza che è ragionevole attendersi da un operatore professionale della rete in un determinato momento storico”)
  3.  la possibilità di attivarsi utilmente ai fini della rimozione (“non agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l'accesso” appena “a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità competenti”).

In particolare, la Suprema Corte ha recentemente rammentato che (cfr. ord. Cass., 8 giugno 2022, n. 18430) il primo presupposto per l’insorgenza di tale responsabilità collega il sorgere dell’obbligazione risarcitoria al fatto della conoscenza, da parte del prestatore del servizio, circa la illiceità dell'informazione.

In relazione a tale materia, si segnala una recente ordinanza resa dal Tribunale di Genova (ordinanza del 2 agosto 2022).

In quel caso, la società ricorrente ex art. 700 c.p.c., che gestiva un ristorante censito su un noto motore di ricerca, aveva lamentato di essere stata oggetto di ripetute e diffamatorie recensioni, pubblicate da soggetti ignoti, facenti riferimento a prodotti non commercializzati e descrittive di località geografiche diverse da quella in cui era ubicato il locale. Tali recensioni avevano prodotto un grave pregiudizio economico, determinando un notevole calo del punteggio attribuito al locale sul relativo sito.

Da qui la concessione di un decreto inaudita altera parte con il quale si era ordinato alla convenuta di rendere inaccessibili le recensioni false, con ripristino del punteggio assegnato all’esercizio commerciale prima della pubblicazione dei suddetti commenti.

Nell’ambito di tale vicenda, il Giudice ha reputato integrato  il presupposto sub a) dalla avvenuta segnalazione all’hosting provider, per mezzo di diffida e di querela, della presenza di recensioni palesemente false e diffamatorie riguardanti il locale; il presupposto sub b), dal contenuto stesso delle recensioni che facevano riferimento alla collocazione del locale in una città diversa nonché a prodotti non commercializzati nel ristorante gestito dalla ricorrente; infine, il presupposto sub c) dalla circostanza per la quale il provider avrebbe potuto eliminare dalla propria piattaforma i citati contenuti.

Sebbene, nelle more, le recensioni contestate fossero state rimosse, il Tribunale ha comunque concluso per l’illegittimità della condotta della convenuta al fine della regolamentazione delle spese.

Si precisa che la responsabilità degli hosting provider è stata nuovamente oggetto di un intervento del legislatore europeo entrato in vigore pochi giorni fa.

Infatti, il Regolamento 2022/2065 già sopra citato, il c.d. Digital Service Act, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 27 ottobre 2022, ha mantenuto, nella sostanza, l’impostazione che la direttiva del 2000 aveva dato al regime di responsabilità dei prestatori di servizi di memorizzazione di informazioni.

In particolare (cfr. art. 6), il DSA ha espressamente previsto l’esenzione di responsabilità del prestatore per le informazioni memorizzate a condizione che egli:

  1. non sia effettivamente a conoscenza delle attività o dei contenuti illegali e, per quanto attiene a domande risarcitorie, non sia consapevole di fatti o circostanze che rendono manifesta l'illegalità dell'attività o dei contenuti; oppure
  2. non appena venga a conoscenza di tali attività o contenuti illegali o divenga consapevole di tali fatti o circostanze, agisca immediatamente per rimuovere i contenuti illegali o per disabilitare l'accesso agli stessi.
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Maria Santina Panarella
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