Trauma cranico subìto in un parco divertimenti acquatico: un caso di esclusione di responsabilità del gestore per assenza di pericolosità intrinseca e di nesso causale

Maria Santina Panarella
2 Settembre 2022

Una donna, deducendo di aver subito un trauma cranico a causa dell’impatto con l’acqua, cita in giudizio il gestore del parco divertimenti acquatico, ritenendolo responsabile dei danni subìti ai sensi degli artt. 2043, 2050 e 2051 c.c.

Il Tribunale rigetta la domanda, escludendo l’esistenza di un valido nesso di causa fra le strutture ludiche predisposte ed il danno lamentato.

La Corte d’Appello, oltre a richiamare e condividere i rilievi del Giudice di primo grado, sostiene che l’attrazione era priva di pericolosità intrinseca, che era conforme agli standard di sicurezza previsti per strutture analoghe, e che l’attrice era portatrice di una intrinseca fragilità carotidea, ignota anche alla stessa, avente natura di circostanza eccezionale idonea ad escludere il nesso di causa tra la condotta ascritta alla società ed il danno lamentato.

L’attrice propone allora ricorso per cassazione, lamentando la nullità della sentenza per mancanza di motivazione, la violazione dell’art. 2051 c.c., e denunciando il vizio di omesso esame di un fatto decisivo.

Con una recente pronuncia, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, reputando inammissibili ed infondati tutti e tre i motivi di impugnazione (ordinanza 19 luglio 2022, n. 22593).

La prima censura è stata ritenuta infondata alla luce della chiarezza della motivazione della sentenza laddove la Corte di merito aveva espressamente negato la sussistenza di un nesso di causa tra la condotta della società ed il danno.

Il secondo motivo, per mezzo del quale era stata lamentata la violazione dell’art. 2051 c.c.,è stato reputato inammissibile atteso che il giudice di merito aveva escluso che l’uso dello scivolo fosse stato la causa della lesione vascolare causata, invero, da una dissecazione carotidea. Lo stabilire se tale valutazione fosse coerente o meno con i dettami della statistica medica (come lamentato dalla ricorrente) costituisce una questione di puro fatto che, dunque, esula dal giudizio di legittimità.

Inoltre, la Suprema Corte ha ritenuto che le osservazioni svolte dalla ricorrente nella memoria ex art. 380 bis c.p.c. fossero fondate su una erronea lettura dell’orientamento giurisprudenziale.

Secondo la Corte, la ricorrente aveva affermato che, premessa la natura oggettiva della responsabilità del custode, l’atto ignoto non sarebbe idoneo ad eliminare il dubbio in ordine allo svolgimento eziologico del fatto, con la conseguenza che, anche se resta ignota la causa del danno, il custode ne risponde ugualmente.

Orbene, la Cassazione ha reputato non condivisibili tali affermazioni, precisando che il principio ripetutamente richiamato nelle proprie pronunce “è sensibilmente diverso da quello invocato dalla ricorrente”.

La Corte, infatti, non ha mai affermato “quel che la ricorrente pretende di farle dire, e cioè che nel giudizio di risarcimento del danno da cose in custodia il custode risponde anche se resti ignota la causa del danno. Ha affermato invece il ben differente principio secondo cui, a condizione che sia certa la derivazione del danno dalla cosa, resta irrilevante la circostanza che non si riesca a stabilire in che modo o con quale meccanismo la cosa abbia prodotto il danno (così, in particolare, Cass. 24342/15)”.

Il terzo motivo di ricorso è stato rigettato in quanto inammissibile per una duplice ragione.

Premesso che il fatto reputato omesso era rappresentato dalla consulenza tecnica di parte, l’inammissibilità è stata dichiarata, da un lato, ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c. ultimo comma per la doppia decisione conforme in punto di fatto; dall’altro, richiamando l’orientamento secondo il quale l’omesso esame di un documento non integra gli estremi del vizio di omesso esame del fatto decisivo (sul punto si segnala, tra le altre, Cass. 26 giugno 2018, n. 16812 secondo la quale “Il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l'omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la "ratio decidendi" venga a trovarsi priva di fondamento. Ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l'indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa”).

Nessun risarcimento, dunque, in assenza di pericolosità intrinseca e, ancor più, del nesso causale.

Altri articoli di 
Maria Santina Panarella
linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram