Il termine di decadenza dall’azione di indennizzo del danno da vaccino decorre dalla conoscenza dell’indennizzabilità

Stefano Guadagno
17 Marzo 2023

Il termine di decadenza di tre anni per la proposizione di domanda di indennizzo del danno da vaccino decorre dal momento della conoscenza, in capo al danneggiato, della indennizzabilità del danno. Su queste premesse la Corte Costituzionale, con la sentenza 6 marzo 2023, n. 35, in riferimento agli artt. 2 e 32 Cost., ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, co. 1, Legge 25 febbraio 1992, n. 210, nella parte in cui fa decorrere il termine triennale dalla sola conoscenza del danno e non anche della sua indennizzabilità.

La vicenda processuale e l’ordinanza di remissione   

I Giudici del merito avevano ritenuto corretto applicarsi all’indennizzo per danno vaccinale, richiesto oltre il termine triennale di legge, il criterio della decadenza c.d. mobile, in base al quale la causa estintiva del diritto indennitario opera limitatamente ai ratei interni al triennio.

La Corte rimettente – considerato che il criterio della decadenza c.d. mobile, stabilito per i trattamenti pensionistici dall’art. 47, co. 6, D.P.R. 639/70, non possa essere esteso in via analogica all’indennizzo da vaccino – ha rilevato come, in forza di un’interpretazione letterale della norma, avrebbe dovuto ritenersi la parte istante decaduta dal diritto all’intero inennizzo. Osserva, altresì, la Corte di legittimità che, stante “l’analogo fondamento costituzionale” delle due erogazioni, sarebbe irragionevole la disparità di trattamento sul piano dell’effetto decadenziale della tutela indennitaria, frustrando la ratio della tutela medesima.

Pertanto, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con ordinanza del 17 gennaio 2022, n. 33 ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale della L. 25 febbraio 1992, n. 210, art. 3, co. 1, in riferimento agli artt. 2, 3, 32 e 38 Cost., nella parte in cui non prevede che la decadenza triennale del diritto all'indennizzo per danni vaccinali abbia effetto limitato ai ratei interni al triennio.

L’equo indennizzo e il diritto alla salute

La sentenza in commento muove dal principio secondo cui “uno degli elementi essenziali affinché un trattamento sanitario obbligatorio di tipo vaccinale sia conforme all'art. 32 Cost. consiste nella previsione di un'equa indennità in favore del soggetto danneggiato” (così, da ultimo, Corte Cost., sent. n. 15 e n. 14 del 2023).

In questa prospettiva vanno letti i numerosi arresti della Corte Costituzionale sollecitata a pronunciarsi sull’estensibilità del diritto all’indennizzo in caso di lesioni conseguenti a vaccinazioni non ricomprese nella lista di quelle obbligatorie. 

In particolare, la Corte Costituzionale, nella sentenza 22 novembre 2017, n. 268 – che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 L. 210 del 1992 nella parte in cui non prevede il diritto di indennizzo in favore di coloro che abbiano subito un danno alla salute, essendosi sottoposti a vaccino antinfluenzale – ha osservato che “la ragione determinante del diritto all'indennizzo non deriva dall'essersi sottoposti a un trattamento obbligatorio, in quanto tale; essa risiede piuttosto nelle esigenze di solidarietà sociale che si impongono alla collettività, laddove il singolo subisca conseguenze negative per la propria integrità psico-fisica derivanti da un trattamento sanitario (obbligatorio o raccomandato) effettuato anche nell'interesse della collettività”.

Le sentenze n. 27 del  4 marzo 1998 e n. 423 del 18 ottobre 2000, già in precedenza, avevano dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 1 L. 210/92 nella parte in cui non prevede l’indennizzo in favore di soggetti che hanno subito lesioni in conseguenza, rispettivamente, delle vaccinazioni antipolio e antiepatite B prima che le stesse divenissero obbligatorie. Da ultimo, Corte cost., Sent. 23 giugno 2020, n. 118 ha esteso il diritto all’indennizzo a favore di chi abbia riportato lesioni a causa della vaccinazione contro il contagio dal virus dell’epatite A.

Di recente, poi, e sulla base delle considerazioni di cui sopra, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con ordinanza del 30 maggio 2022, n. 17441 (commentata sul nostro sito: Indennizzo e vaccini non obbligatori: la parola alla Corte Costituzionale) ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione del diritto all'indennizzo anche ai soggetti che abbiano subito lesioni e/o infermità, da cui siano derivati danni irreversibili all'integrità psico-fisica, per essere stati sottoposti a vaccinazione non obbligatoria, ma raccomandata, antimeningococcica.

Il Supremo Collegio rileva che  la protezione individuale derivante dall’indennizzo, “completa il patto di solidarietà … tra individuo e collettività in tema di tutela della salute e, come già detto, rende più serio e affidabile ogni programma sanitario volto alla diffusione dei trattamenti vaccinali, al fine della più ampia copertura della popolazione”.

Le conclusioni della Consulta

La sentenza in commento osserva che “le esigenze di solidarietà sociale e di tutela della salute del singolo, poste a fondamento della disciplina introdotta dalla legge n. 210 del 1992, portano a ritenere che la conoscenza del danno, che segna il dies a quo del triennio per la presentazione della domanda amministrativa, suppone che il danneggiato abbia acquisito consapevolezza non soltanto dell'esteriorizzazione della menomazione permanente dell'integrità psico-fisica e della sua riferibilità causale alla vaccinazione, ma anche della sua rilevanza giuridica, e quindi dell'azionabilità del diritto all'indennizzo”.  

Dal momento in cui non è possibile richiedere l’indennizzo per i pregiudizi derivanti da vaccinazione non obbligatoria, sino alla introduzione di specifica disposizione legislativa ovvero sino alla declaratoria di illegittimità costituzionale con riguardo alla singola vaccinazione (non obbligatoria), colliderebbe con la garanzia costituzionale del diritto alla prestazione indennitaria, e conla ratio solidaristica alla stessa sottesa, far decorrere il relativo termine decadenziale prima del verificarsi di quei presupposti.  

Sulla base di questi rilievi, d’altronde, l’art. 3, co. 3, L. 362 del 1999 ha fissato il dies a quo del termine di decadenza dalla domanda di indennizzo per i danni da vaccinazione antipoliomelitica (a seguito dell’intervento della citata sentenza della Corte Costituzionale n. 27 del 1998), intercorsi in epoca antecedente alla introduzione dell’obbligo vaccinale, dall’entrata in vigore della Legge n. 362 del 1999. 

Nella medesima prospettiva, le Sezioni Unite, con sentenza del 22 luglio 2015, n. 14352, hanno ritenuto che il termine di decadenza triennale per l’indennizzo correlato a epatiti post-trasfuzionale dovesse decorrere dall’entrata in vigore della Legge (art. 1, co. 9, L. 238 del 1997) che tale tutela aveva riconociuto.

Sulla base delle medesime considerazioni, dunque, la sentenza in commento conclude che “L'effettività del diritto alla provvidenza dei soggetti danneggiati da vaccinazioni impone, pertanto, di far decorrere il termine perentorio di tre anni per la presentazione della domanda, fissato dall'art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992, dal momento in cui l'avente diritto risulti aver avuto conoscenza dell'indennizzabilità del danno. Prima di tale momento, infatti, non è possibile che il diritto venga fatto valere, ai sensi del principio desumibile dall'art. 2935 cod. civ.”.

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