Licenziamento giustificato dallo smart working: è legittimo?

Maria Santina Panarella
20 Febbraio 2024

Una recente pronuncia della Cassazione ha affrontato il caso di un licenziamento giustificato o, meglio, connesso, allo svolgimento della prestazione lavorativa da remoto (n. 2761 del 30 gennaio 2024).

Dai fatti di causa riassunti nell’ordinanza si evince che la vicenda prendeva le mosse dal licenziamento di una lavoratrice con mansioni di supervisione e controlli dei cantieri nei quali la Società datrice espletava servizi di pulizia. In particolare, la contestazione era stata giustificata dalle seguenti ragioni: a) la sistematica violazione delle disposizioni aziendali in ordine all’orario di lavoro; b) lo svolgimento in modo incompleto e discontinuo della prestazione, con tanto di disbrigo di faccende personali durante l’orario di lavoro; c) l’abuso della fiducia del datore, approfittando la lavoratrice della circostanza che non vi fosse un sistema di rilevazione delle presenze, in considerazione del fatto che le mansioni assegnate prevedevano anche l’allontanamento dall’ufficio per effettuare i sopralluoghi sui cantieri.

Il Tribunale, in fase sommaria ed in quella di opposizione, aveva respinto la tesi della Società diretta a riconoscere la sussistenza della giusta causa. Anche la Corte d’Appello aveva poi rigettato il reclamo con sentenza poi impugnata innanzi alla Corte di Cassazione che, però, ha rigettato il ricorso.

La Società aveva addebitato alla sentenza, tra gli altri, il vizio di mancanza di motivazione circa l’effettuazione prevalentemente da remoto della prestazione lavorativa.

La Cassazione ha dapprima rammentato quando può dirsi integrato il vizio di mancanza della motivazione; a questo riguardo, ha richiamato l’ipotesi di mancanza totale della stessa (nella quale alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione) e quella della motivazione apparente (che contiene argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi o fra di loro logicamente inconciliabili, o comunque perplesse od obiettivamente incomprensibili). Secondo la Corte, tale vizio non sarebbe riscontrabile nella sentenza impugnata.

In particolare – ha affermato la Cassazione - la Corte di merito aveva osservato che le ragioni della decisione della datrice di lavoro muovevano dal presupposto che non vi fosse vincolo di orario lavorativo per lo svolgimento dei compiti assegnati alla lavoratrice quale coordinatrice, evidenziando altresì che già la sentenza reclamata aveva ritenuto, sulla base delle prove assunte, che la lavoratrice ben potesse lavorare da remoto, senza con questo far venire meno la diligenza dovuta.

La medesima Corte territoriale aveva anche osservato che l’elenco delle mansioni consentiva di evincere che alcune di esse prescindevano completamente dalla presenza fisica in un determinato luogo. Il giudice di merito, sulla scorta di tali attività che, appunto, non richiedevano la presenza fisica in un determinato luogo, aveva ritenuto che non si potesse escludere che nei giorni e nelle ore che la datrice aveva indicato come ‘assenza dal servizio’ la lavoratrice avesse, invece, compiuto questo tipo di attività. Tale apprezzamento – a dire della Suprema Corte - non sarebbe stato immotivato.

Anche il motivo di ricorso per mezzo del quale la Società aveva lamentato la mancata motivazione in relazione alle contestazioni di impossibilità dell’esecuzione della prestazione di coordinatore da remoto è stato reputato infondato.

Difatti, secondo la Cassazione, la Corte di merito non aveva affermato che la lavoratrice avesse svolto tutta la propria attività per via telefonica, bensì aveva ritenuto, in ragione del particolare ruolo di coordinatrice dalla stessa rivestito, con non pochi compiti che prescindevano completamente dalla presenza fisica in un determinato luogo, che ella avesse potuto svolgere dette attività nei giorni e nelle ore che la società datrice aveva indicato come ‘assenza dal servizio’ e che avesse potuto tenere i necessari contatti per via telefonica in tutte le ore nelle quali la stessa risultava in luoghi diversi da quelli aziendali.

Il ricorso, come detto, è stato rigettato, con conseguente conferma della illegittimità del licenziamento.

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