La responsabilità della struttura viene meno per effetto dell’accordo tra medico e paziente?

La sentenza n. 8116 del 14 marzo 2022 della Corte di Cassazione si è pronunciata proprio in merito alla responsabilità della struttura sanitaria nell’ipotesi in cui sia intervenuto un accordo tra medico e paziente.

In quel caso, il giudizio aveva preso le mosse dalla domanda degli eredi di un paziente deceduto avanzata nei confronti dei sanitari e della struttura per ottenere il risarcimento dei danni conseguenti alla morte del proprio congiunto.

A seguito dell’estensione del contraddittorio anche alla società assicurativa, il Tribunale aveva accolto la domanda. Contro la decisione avevano proposto appello, in via principale, il medico, e, in via incidentale, la Gestione Liquidatoria dell’ASL.

Il medico aveva poi rinunciato all’impugnazione e la rinuncia era stata accettata solo dagli eredi. La Corte territoriale aveva ritenuto che tale rinuncia comportasse anche la decadenza degli effetti di quello incidentale proposto dall’ente.

La Corte di Cassazione non ha condiviso tale conclusione.

Per cominciare, la Suprema Corte, nel solco di pronunce conformi, ha precisato che la previsione dell’art. 334, co. 2 c.p.c., - secondo il quale, qualora l’impugnazione principale sia dichiarata inammissibile, l’impugnazione incidentale tardiva perde efficacia - non trova applicazione nell’ipotesi di rinuncia all’impugnazione principale: poiché, infatti, la parte destinataria della rinuncia non ha alcun potere di opporsi all’iniziativa dell’avversario, l’ipotetica assimilazione di tale ipotesi a quelle dell’inammissibilità e dell’improcedibilità dell’impugnazione principale finirebbe per rimettere l’esito dell'impugnazione incidentale tardiva all’esclusiva volontà dell’impugnante principale (già Cass., Sez. U., n. 8925/2011).

E se questo è vero per l’impugnazione incidentale tardiva - secondo la Corte - a maggior ragione deve valere per quella tempestiva.

Posta tale premessa, la Corte ha ribadito che la responsabilità della struttura che si avvalga di terzi per adempiere alla propria obbligazione di prestazione del servizio è autonoma rispetto a quella del medico di cui la prima si sia avvalsa, pur rispondendo entrambi solidalmente.

Si rammenta, a questo proposito, che l’art. 2055 c.c., comma 1, richiede solo che il fatto dannoso sia imputabile a più persone, ancorché le condotte lesive siano fra loro autonome e pure se diversi siano i titoli di responsabilità di ciascuna di tali persone e anche nel caso in cui siano configurabili titoli di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale.

Come è stato precisato in molte occasioni dalla giurisprudenza di legittimità, l’unicità del fatto dannoso considerata dalla norma deve essere riferita unicamente al danneggiato, e non va intesa come identità delle azioni giuridiche dei danneggiati e neppure come identità delle norme giuridiche da essi violate (Cass. n. 28987/2019; Cass. n. 27713/2005).

Ne discende che, nel caso di danni da attività medica, anche quando la domanda risarcitoria sia stata fondata sull’erroneo operato del medico e non sui profili prettamente strutturali e organizzativi della struttura sanitaria, la transazione tra medico e danneggiato non impedisce l’esercizio dell’azione per l’accertamento della responsabilità della struttura ospedaliera che non ha natura di responsabilità per fatto altrui, bensì per fatto proprio (in questo senso, Cass. n. 28987/2019, Cass., 29001/2021, n. 29001).

Pertanto, tale responsabilità non viene meno in conseguenza della liberazione del medico dalla propria obbligazione risarcitoria, ma comporta unicamente che, nel compiere detto accertamento, il giudice debba indagare incidentalmente sull’esistenza di un’eventuale condotta colposa del sanitario (Cass. n. 26118/2021).

Su tali premesse, la Corte ha così concluso che, qualunque sia la prospettazione della responsabilità medica - incentrata sulla condotta del sanitario di cui si sia avvalso l’ente, ovvero su profili più strettamente organizzativi riferibili a quest’ultimo - lo stesso risponde per obbligazione propria e, quindi, il merito della sua impugnazione, nell’ipotesi incidentale, non può essere, logicamente prim’ancora che giuridicamente, assorbito dalla rinuncia al gravame effettuata, anche con accettazione di altre parti processuali, ad opera del medico.

Il ricorso è stato accolto e la sentenza è stata cassata.

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Maria Santina Panarella
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