La condotta del danneggiato eccezionalmente incauta può costituire caso fortuito?

La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi in tema di danno da cose in custodia e lo fa ribadendo che la condotta del danneggiato eccezionalmente incauta può integrare un’ipotesi di caso fortuito, idonea ad elidere il nesso causale tra cosa ed evento dannoso.

La recente ordinanza (n. 35966 del 27 dicembre 2023) pubblicata negli ultimi giorni dell’anno appena concluso, se, da un lato, ha offerto un interessante approfondimento della questione, dall’altro ha confermato un principio che già aveva trovato applicazione nelle pronunce della Suprema Corte.

Il caso affrontato prendeva le mosse dalla domanda avanzata dai familiari della vittima, deceduta, secondo la ricostruzione degli attori, a causa di una passerella in legno, posta in aderenza al muro perimetrale della sede stradale comunale e sovrapposta all’arenile, dalla quale era possibile l’accesso alla spiaggia, e diretta ad ottenere, ai sensi dell’art. 2051 c.c., il risarcimento dei danni. Il Tribunale aveva rigettato la domanda, con decisione poi confermata dalla Corte d’Appello.

I congiunti avevano così impugnato la sentenza di secondo grado, contestando, tra le altre cose, l’affermazione della Corte territoriale secondo la quale la vittima avrebbe “agito sul piano causale, determinando il venir meno del nesso di relazione tra il fatto e l’evento dannoso dedotti in giudizio”.

Secondo i ricorrenti, ai fini della speciale ipotesi di imputazione della responsabilità prevista dall’art. 2051 c.c., la mera condotta colposa del danneggiato non basterebbe ad escludere il nesso causale fra la cosa in custodia e il danno, quand’anche ritenuta oggettivamente causa esclusiva dell’evento dannoso, se la predetta condotta non si connoti per oggettive caratteristiche di imprevedibilità, le quali sole varrebbero a determinare una definitiva cesura nella serie causale riconducibile alla cosa in custodia: in caso contrario potrebbe, al più, ammettersi un concorso colposo nella causazione dell’evento, che giustificherebbe esclusivamente una riduzione del risarcimento, ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c., ma non la sua radicale esclusione. Pertanto, secondo i ricorrenti, la Corte d’appello aveva ‘travisato’ il concetto di caso fortuito, la cui prova incomberebbe sulla pubblica amministrazione resistente, confondendolo con il mero concorso di colpa del danneggiato.

La Corte di Cassazione, invece, ha reputato tale tesi infondata in diritto.

Il Collegio ha dapprima ricordato che, con una serie di pronunce emesse nel febbraio del 2018[1], aveva precisato che: “in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell’art. 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro”.

Si tratta di principi che, in effetti, sono stati successivamente ribaditi in molte occasioni dalla giurisprudenza di legittimità[2]. Anche di recente, la Suprema Corte aveva rammentato che “la responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. ha natura oggettiva – in quanto si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, non già su una presunzione di colpa del custode – e può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito (che appartiene alla categoria dei fatti giuridici), senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo (rientranti nella categoria dei fatti umani), caratterizzate dalla colpa ex art. 1227 c.c. e, indefettibilmente, dalla oggettiva imprevedibilità e imprevenibilità rispetto all’evento pregiudizievole[3].

In particolare, questi ultimi concetti vanno intesi, come già chiarito dalla stessa Corte, non nel senso della assoluta impossibilità di prevedere l’eventualità di una condotta imprudente, negligente o imperita della vittima (che è, ovviamente, sempre possibile), ma nel senso del rilievo delle sole condotte “oggettivamente” non prevedibili secondo la normale regolarità causale, nelle condizioni date, in quanto costituenti violazione dei doveri minimi di cautela la cui osservanza è normalmente prevedibile (oltre che esigibile) da parte della generalità dei consociati e la cui violazione, di conseguenza, è da considerarsi, sul piano puramente oggettivo della regolarità causale (non quindi, con riferimento al piano soggettivo del custode), non prevedibile né prevenibile.

Su tali premesse, la Cassazione ha ribadito che la questione della soggettiva prevedibilità o meno della condotta colposa della vittima, in particolare da parte del custode, non entra affatto nella struttura logica e giuridica della fattispecie del caso fortuito, la quale opera esclusivamente sul piano oggettivo e causale.

Da qui l’applicazione dei principi sopra ricordati che, se prima avevano trovato uno spazio nel sentiero tracciato dalla giurisprudenza della Corte, ora contribuiscono ad estenderlo.

Nel caso di specie, secondo la Cassazione, il ragionamento svolto dalla Corte d’Appello sarebbe corretto. In particolare, nel decidere di utilizzare la passerella al fine di accedere alla spiaggia, sebbene vi fosse un accesso all’arenile alternativo e più sicuro, la vittima, anche alla luce della sua età avanzata, avrebbe posto in essere una condotta assolutamente incauta che, per quanto in astratto prevedibile, integrerebbe gli estremi del caso fortuito. L’applicazione dei principi sopra richiamati risulterebbe, dunque, immune da critiche, e giustificherebbe la conclusione raggiunta e, cioè, che la condotta del danneggiato avrebbe integrato, appunto, un’ipotesi di caso fortuito, “idonea ad elidere il nesso causale ex artt. 40 e 41 e in forza della norma di cui all’art. 1227 cod. civ”.

In una bellissima poesia del 1923, Jorge Luis Borges, nel chiedersi quale fosse la vera causa che spinge l’uomo ad attendere e a celebrare la fine dell’anno, diceva che “è il sospetto generale e confuso dell’enigma del Tempo: è lo stupore davanti al miracolo che malgrado gli infiniti azzardi, che malgrado siamo le gocce del fiume di Eraclito, perduri qualcosa in noi: immobile”.

Tutto sommato, anche la giurisprudenza della Corte di Cassazione ce lo ricorda.

In tema di responsabilità di cose in custodia, si segnala, sempre su questo sito, anche, Responsabilità oggettiva per danno da cose in custodia e doveri di cautela: nessun risarcimento per chi cammina a piedi nudi a bordo piscina e cade nonché Il comune non risarcisce il guidatore imprudente


[1] Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 2477 del 01/02/2018, Rv. 647933 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 2480 del 01/02/2018, Rv. 647934 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 2481 del 01/02/2018, Rv. 647935 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 2482 del 01/02/2018, Rv. 647936 – 01-02; Sez. 3, Ordinanza n. 2483 del 01/02/2018, Rv. 648247 – 02; cfr. altresì: Sez. 3, Ordinanze nn. 2478 e 2479 del 01/02/2018.

[2] Cass., Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 27724 del 30/10/2018, Rv. 651374 - 01; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 9315 del 03/04/2019, Rv. 653609 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 20312 del 26/07/2019, Rv. 654924 – 01; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 17873 del 27/08/2020, Rv. 658754 – 01; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 34886 del 17/11/2021, Rv. 663127 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 38089 del 02/12/2021, Rv. 663300 - 02; Sez. 3, Ordinanza n. 35429 del 01/12/2022, Rv. 666487 - 01; Sez. 3, Ordinanza n. 14228 del 23/05/2023, Rv. 667836 – 02; Sez. 3, Ordinanza n. 21675 del 20/07/2023, Rv. 668745 - 01), anche a Sezioni Unite (Cass., Sez. U, Ordinanza n. 20943 del 30/06/2022, Rv. 665084 - 01)

[3] Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11152 del 27/04/2023.

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Maria Santina Panarella
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