Il licenziamento per eccessiva "morbilità" del lavoratore

Claudia Cornaglia
22 Novembre 2022

Il Tribunale di Napoli, con l’ordinanza del 15 settembre 2022, interviene in materia di licenziamento per eccessiva “morbilità” del lavoratore.

Il caso all’esame del Tribunale ha riguardato la reiterata assenza per malattia di un dipendente per brevi periodi di tempo, a ridosso delle giornate di riposo, festività, permessi o periodi di ferie. La società datrice di lavoro ha contestato, in particolare, al lavoratore la scarsa diligenza nell’esecuzione della prestazione lavorativa dovuta appunto alla eccessiva “morbilità”, lamentando i gravi disagi e gli eccessivi costi subiti dall’azienda per far fronte all’esigenza di garantire comunque il servizio reso. La Società ha quindi disposto il licenziamento del dipendente.

Il Tribunale territoriale, premesso che la malattia del lavoratore è disciplinata dalle regole speciali dettate dall’art. 2110 c.c., ha chiarito che “le reiterate assenze del lavoratore…non costituiscono di per sé inadempimento (trattandosi di assenze pur sempre giustificate”).  Muovendo da tale premessa, il Tribunale di Napoli ha precisato che solo il superamento del periodo di comporto “è causa giustificativa del licenziamento, di per sé, esaustiva”; mentre, nel caso di mancato superamento di tale limite (quale era il caso scrutinato) “dal datore di lavoro andranno allegati (e conseguentemente provati) ulteriori motivi” (quali, ad es. l’inidoneità fisica del lavoratore affetto da eccesiva morbilità, ovvero una grave condotta fraudolenta o negligente che integri gli estremi della violazione dei principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione della prestazione lavorativa).

Nel caso di specie, la condotta fraudolenta, elusiva del principio di buona fede, è stata dalla Società datrice di lavoro ricondotta alla circostanza che le assenze venivano comunicate dal lavoratore in successione ad un giorno festivo o a ridosso di una giornata di riposo. Il Tribunale di Napoli ha, tuttavia, escluso che tale condotta fosse sufficiente per giustificare il licenziamento del lavoratore. Secondo il Tribunale, infatti, “l’eccessiva morbilità non può integrare, di per sé, gli estremi dello scarso rendimento”; mentre non era stato dimostrato dalla società che le assenze per malattia a ridosso di giornate di congedo accordate per ragioni diverse fossero il frutto di una preordinazione tesa a beneficiare di un’assenza più lunga. Il Tribunale ha quindi annullato il licenziamento per giusta causa, condannando la società alla reintegrazione nel posto di lavoro ex art. 18, comma 7, L. 300/1970 e al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello della reintegra.

In conclusione, secondo il Tribunale territoriale, l’eccessiva morbilità del lavoratore non è idonea, di per sé sola, a legittimare il licenziamento dello stesso per scarso rendimento; è invece possibile procedere in tale senso se è fornita dal datore di lavoro la prova che le reiterate assenze del lavoratore integrano la violazione della diligente collaborazione, e quindi del canone di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto.

20220915_Trib-Napoli.pdf (wikilabour.it)

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