Il diritto all’oblio nell’ambito di una richiesta di risarcimento del danno per illecito trattamento dei dati personali

Il diritto di ogni persona all’oblio, strettamente collegato alla tutela della riservatezza e dell’identità personale, deve essere bilanciato con il diritto della collettività all’informazione.

In una recente pronuncia (ord. n. 9923 del 28 marzo 2022), la Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, escludendo, però, la rilevanza, nella vicenda lì affrontata, del riferimento al diritto all’oblio.

L’oggetto del processo, in quel caso, era infatti limitato al risarcimento del danno per illecito trattamento dei dati personali avvenuto mediante la pubblicazione di un libro.

Il diritto all’oblio, invece, come ha specificato chiaramente la medesima Corte, si concretizza nella domanda di deindicizzazione di pagine web dai motori di ricerca.

Ne consegue, nella pratica, un’azione rivolta ai soggetti titolari dei singoli motori o che abbiano il controllo del programma accessibile dai siti. Al contrario, il diritto all’oblio non può essere evocato per legittimare una pretesa risarcitoria nei riguardi di chi abbia a suo tempo scritto un libro, le cui pagine siano state poi inserite anche in Internet, sulla base di fatti divenuti, secondo la personale visione dell’interessato, di nessun interesse collettivo.

Si rammenta che la deindicizzazione è diventata, nella prassi giurisprudenziale – oggi espressamente avallata dalla previsione dal ‘diritto alla cancellazione’, denominato anche ‘diritto all’oblio’ dall’art. 17 del Regolamento UE 2016/679 - lo strumento applicabile ogni qual volta l’interesse all’indiscriminata reperibilità della notizia mediante motore di ricerca sia recessivo rispetto all’esigenza di tutela dell’identità personale.

Lo scopo è quello di evitare il rischio di quella che è stata definita in dottrina la “biografia ferita”, ossia il pericolo della “cristallizzazione della complessità dell'Io in un dato che lo distorce o non lo rappresenta più” (ordinanza Cass. n. 15160/2021).

Prendendo le mosse dal quadro normativo desumibile dall’intreccio di norme nazionali (art. 2 Cost., art. 10 c.c., L. n. 633 del 1941, art. 97) ed europee (artt. 8 e 10, comma 2 CEDU, 7 e 8 della Carta di Nizza - e giurisprudenziale di riferimento, la Corte di Cassazione ha affermato, già da diversi anni, che il diritto fondamentale all’oblio può subire una compressione, a favore dell’ugualmente fondamentale diritto di cronaca, solo in presenza di specifici e determinati presupposti, che devono essere presenti nella vicenda concreta:

  1. il contributo arrecato dalla diffusione dell’immagine o della notizia ad un dibattito di interesse pubblico;
  2. l’interesse effettivo ed attuale alla diffusione dell’immagine o della notizia (per ragioni di giustizia, di polizia o di tutela dei diritti e delle libertà altrui, ovvero per scopi scientifici, didattici o culturali);
  3. l’elevato grado di notorietà del soggetto rappresentato, per la peculiare posizione rivestita nella vita pubblica e, segnatamente, nella realtà economica o politica del Paese;
  4. le modalità impiegate per ottenere e nel dare l’informazione, che deve essere veritiera (poiché attinta da fonti affidabili, e con un diligente lavoro di ricerca), diffusa con modalità non eccedenti lo scopo informativo, nell’interesse del pubblico, e scevra da insinuazioni o considerazioni personali, così da evidenziare un esclusivo interesse oggettivo alla nuova diffusione;
  5. la preventiva informazione circa la pubblicazione o trasmissione della notizia o dell’immagine a distanza di tempo, in modo da consentire all’interessato il diritto di replica prima della sua divulgazione al grande pubblico.

In assenza di tali presupposti - tutti o parte di essi, seconda delle peculiarità della fattispecie concreta - la pubblicazione di una informazione concernente una persona determinata, a distanza di tempo da fatti ed avvenimenti che la riguardano, non può che integrare, pertanto, la violazione del fondamentale diritto all’oblio (cfr., in particolare, Cass., ordinanza 20 marzo 2018, n. 6919).

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Maria Santina Panarella
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