Diritto di cronaca e diritto all’oblio: il bilanciamento tra due diritti in un web che non dimentica

La persistenza nel sito web di una testata giornalistica della risalente notizia del coinvolgimento di un soggetto in un procedimento penale - pubblicata nell’esercizio legittimo del diritto di cronaca, ma non aggiornata con i dati relativi all’esito di tale procedimento - non integra, di per sé, un illecito idoneo a generare una pretesa risarcitoria. Tuttavia, il soggetto al quale la notizia si riferisce ha diritto ad attivarsi per chiederne l’aggiornamento o la rimozione, con la conseguenza che l’ingiustificato rifiuto o ritardo da parte del titolare del sito è idoneo a comportare il risarcimento del danno patito successivamente alla richiesta.

Questa è la conclusione cui è giunta la Corte di Cassazione in una recente pronuncia (sent. n. 6116 del 1° marzo 2023) nell’ambito della quale ha fatto il punto sul – necessario – bilanciamento tra il diritto di cronaca e il diritto all’oblio.

La vicenda originava dalla domanda proposta dal ricorrente, in proprio e quale legale rappresentante della Società, che aveva agito con ricorso in via d’urgenza per ottenere la cancellazione dal sito web di un quotidiano di un articolo avente ad aggetto un procedimento penale avviato nei suoi confronti, o la sua rettifica mediante integrazione con la notizia di essere stato successivamente assolto.

La Corte di Cassazione ha così affrontato la questione della configurabilità di una lesione della reputazione e di una correlata pretesa risarcitoria a seguito nella permanenza nel sito web di una testata giornalistica di una notizia vera, ma datata e non aggiornata.

Nel farlo, la Suprema Corte ha richiamato, da un lato, gli artt. 7 d. lgs. n. 196/2003 (secondo cui l’interessato ha diritto di ottenere l’aggiornamento o la cancellazione) e 17 Regolamento UE n. 679/2016 (che fa parimenti riferimento al diritto dell'interessato a ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati che lo riguardano, al quale si correla il dovere del secondo di provvedervi senza ingiustificato ritardo) e, dall’altro, alcune precedenti pronunce dalla stessa rese in materia di diritto all’oblio.

In particolare, la Corte ha richiamato Cass. n. 5525/2012 che ha affermato il diritto dell’interessato a chiedere ed ottenere un aggiornamento dei dati che lo riguardano e anche la cancellazione di notizie dai siti internet; e Cass. n. 13161/2016 che, invece, ha riconosciuto la configurabilità del diritto al risarcimento del danno,  con una motivazione che tiene conto sia dell’esaurimento dell’interesse a mantenere la notizia sia della mancata adesione del titolare del sito alla diffida.

Su tali premesse, la Cassazione ha affermato che, sebbene non si possa affermare in termini generali un obbligo di costante aggiornamento della notizia o di rimozione della stessa una volta che sia trascorso un determinato lasso di tempo, deve tuttavia riconoscersi alla persona interessata dalla persistenza di una pubblicazione che reputi a sé pregiudizievole, il diritto di tutelare la propria reputazione e di richiedere l'aggiornamento del sito o la rimozione della notizia.

Ne consegue che, una volta che sia stata formulata tale richiesta, il rifiuto ingiustificato di aggiornamento o rimozione è idoneo ad integrare una condotta illecita tale da giustificare il risarcimento del danno prodottosi a partire dalla richiesta di aggiornamento/rimozione (danno che ovviamente va allegato e provato, anche in via presuntiva).

Si tratta di una soluzione che – come ha evidenziato la stessa Corte - realizza un ragionevole bilanciamento dei contrapposti interessi, anche alla luce delle disposizioni normative sopra richiamate che fanno discendere il dovere del titolare del trattamento di attivarsi per la modifica del dato dall’iniziativa dell’interessato.

“Tutti gli atti, di qualsiasi genere siano, che arrechino un danno agli altri senza una causa giustificata, si possono a giusto titolo controllare – e, nei casi più importanti, li si deve assolutamente controllare – con i nostri sentimenti di riprovazione e, se occorre, con un nostro intervento attivo”.

John Stuart Mill lo scriveva nel 1859, in un’epoca in cui il world wide web non esisteva.

Ora esiste, ma il principio vale lo stesso.

Il web, si sa, non dimentica, e gli strumenti per l’intervento attivo (per fortuna) ci sono.


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Maria Santina Panarella
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