Danno da sofferenza per la morte del fratello: la lontananza geografica esclude il risarcimento?

Maria Santina Panarella
16 Settembre 2022

La lontananza geografica con il de cuius non costituisce causa escludente il riconoscimento del danno da sofferenza. Questa è la conclusione alla quale è giunta la Corte di Cassazione in una recente sentenza (Cass., Sez. III, 15 luglio 2022, n. 22397).

La pronuncia, che si mostra di particolare interesse, nel richiamare il precedente orientamento in tema di danno da perdita del rapporto parentale, evidenzia come i principi allo stesso sottesi siano applicabili anche al rapporto tra fratelli e risolve il problema della effettività e consistenza della relazione al di là della convivenza.

Nel caso affrontato, la Corte territoriale aveva escluso, in effetti, il riconoscimento del risarcimento del danno da sofferenza per la morte del fratello della parte dando rilievo, appunto, alla lontananza.

Secondo la Cassazione, la Corte d’appello avrebbe commesso un errore di sussunzione, escludendo, in via automatica, la rilevanza del nesso parentale fra fratelli ai fini del diritto al risarcimento del danno da sofferenza in ragione della sola lontananza spaziale dal de cuius.

La Corte ha così rammentato che è stato ritenuto (cfr. Cass. (ord.) n. 29784 del 2018) che “Nel giudizio risarcitorio instaurato dagli eredi nonché prossimi congiunti (nella specie madre e fratelli) di un lavoratore deceduto a seguito di infortunio sul lavoro, la prova del danno non patrimoniale da sofferenza interiore per la perdita del familiare può essere fornita mediante presunzione fondata sull'esistenza dello stretto legame di parentela riconducibile all'interno della famiglia nucleare, superabile dalla prova contraria, gravante sul danneggiante, imperniata non sulla mera mancanza di convivenza (che, in tali casi, può rilevare al solo fine di ridurre il risarcimento rispetto a quello spettante secondo gli ordinari criteri di liquidazione), bensì sull'assenza di legame affettivo tra i superstiti e la vittima nonostante il rapporto di parentela”.

In questo modo, ha precisato la Cassazione, è stato dato rilievo all’esistenza del rapporto come tale, rovesciando sul preteso danneggiante la prova della sua svalutazione nel caso concreto.

La medesima Sezione della Corte, da ultimo, con l’ordinanza n. 18284 del 2021, aveva statuito che “in tema di danno non patrimoniale risarcibile derivante da morte causata da un illecito, il pregiudizio risarcibile conseguente alla perdita del rapporto parentale che spetta "iure proprio" ai prossimi congiunti riguarda la lesione della relazione che legava i parenti al defunto e, ove sia provata l'effettività e la consistenza di tale relazione, la mancanza del rapporto di convivenza non è rilevante, non costituendo il connotato minimo ed indispensabile per il riconoscimento del danno”.

Nell’ambito di tale decisione era stato osservato che, esclusa la possibilità di limitare la società naturale, alla quale fa riferimento l’art. 29 Cost., al ristretto ambito della ‘famiglia nucleare’, la Corte aveva avuto già occasione di precisare che il danno da perdita del rapporto parentale, in quanto danno iure proprio dei congiunti, “è risarcibile ove venga provata l’effettività e la consistenza di tale relazione, e in particolare l’esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto, non essendo al riguardo richiesto che essa risulti caratterizzata altresì dalla convivenza, quest'ultima non assurgendo a connotato minimo di relativa esistenza (v. Cass., 30/8/2019, n. 21837; Cass., 19/11/2018, n. 29784; Cass., 15/2/2018, n. 3767; Cass., 7/12/2017, n. 29332; Cass., 20/10/2016, n. 21230. Cfr. altresì Cass., 1/12/2010, n. 24362. Cfr., con specifico riferimento ai nonni, Cass., 8/4/2020, n. 7743; Cass., 7/12/2017, n. 29332; Cass., 20/10/2016, n. 21230. Contra, ma isolatamente (con particolare riferimento ai nonni), v. Cass., 16/3/2012, n. 4253)”.

Cass. n. 7748 del 2020, peraltro, aveva affermato il principio di diritto secondo il quale “In tema di lesioni conseguenti a sinistro stradale, il danno iure proprio subito dai congiunti della vittima (nella specie, i suoi genitori e fratelli) non è limitato al solo totale sconvolgimento delle loro abitudini di vita, potendo anche consistere in un patimento d'animo o in una perdita vera e propria di salute. Tali pregiudizi possono essere dimostrati per presunzioni, fra le quali assume rilievo il rapporto di stretta parentela esistente fra la vittima ed i suoi familiari che fa ritenere, secondo un criterio di normalità sociale, che essi soffrano per le gravissime lesioni riportate dal loro prossimo congiunto”.

Si tratta, dunque, ed espressamente, di un principio applicabile anche ai fratelli.

Con specifico riferimento al problema della effettività e consistenza della relazione al di là della convivenza, la Corte ha affermato che il ritenere - come fatto, nel caso di specie, dalla Corte territoriale - che la estrema lontananza tra fratelli deponga automaticamente nel senso della mancanza di effettività della relazione di fratellanza e, dunque, nel senso di escluderne una dimensione tale da giustificare la sussistenza della sofferenza per la perdita di un fratello o di una sorella, appare, nella sostanza, affermazione enunciata desumendo da un fatto noto, la lontananza geografica, quella di un fatto ignoto, cioè l’assenza di effettività della relazione parentale. Ma tale ragionamento, secondo la Cassazione, è privo di aderenza all’id quod plerumque accidit ed al senso comune e, dunque, esprime l’applicazione di una presunzione hominis del tutto priva del connotato della gravità.

Invero, la mera lontananza geografica fra fratelli – afferma la Corte - non sembra apprezzabile, con riferimento a tutti i contesti di provenienza, come idonea a dimostrare la mancanza di effettività. Poteva esserlo i tempi remoti, nei quali le comunicazioni fra persone distanti erano difficili se non impossibili, sicché il vivere in contesti geografici diversi per un tempo consistente, poteva giustificare il ragionamento della sentenza impugnata. Adesso, considerato che i mezzi di comunicazione odierni consentono di mantenere vivi rapporti familiari anche se a distanza considerevole attraverso le varie tecniche di trasmissione della voce e delle immagini, il suddetto ragionamento appare “privo di giustificazione inferenziale”.

Del resto, l’effettività della relazione è rilevante anche in punto di liquidazione del danno in esame come confermano le Tabelle Milanesi recentemente integrate e pubblicate il 29 giugno 2022. Non a caso, lo stesso Osservatorio sulla giustizia civile di Milano,  nell’ambito delle ‘Domande & risposte’,  allegate alle medesime ‘Tabelle – Edizione 2022’, nel giustificare la scelta di non dare importanza alla ‘vicinanza geografica’ per i parenti che vivono nella stessa città o provincia, ha osservato che “le controversie promosse tra parenti che vivono nella stessa città dimostrano che non sempre la vicinanza geografica è indice di maggiore vicinanza affettiva rispetto a parenti che abitino lontano e ciò a maggior ragione nell’epoca attuale in cui anche grazie alla tecnologia è possibile intrattenere frequentazioni diuturne anche con parenti che abitino a distanza”.

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