Mentre è alla guida della propria bicicletta, un ciclista viene investito da un veicolo rimasto non identificato, cadendo a terra.
Il ciclista conviene allora in giudizio la Società designata dalla Regione per la gestione dei sinistri a carico del Fondo di Garanzie delle Vittime della Strada, al fine di sentirla condannare al risarcimento dei danni.
Il Giudice di Pace rigetta la domanda, non ritenendo provata la dinamica dell’incidente stradale. Il Tribunale di Nola rigetta, poi, l’appello proposto avverso la sentenza di primo grado, ritenendo non assolto l’onere della prova pendente sull’appellante.
Il ciclista ricorre per cassazione con ricorso che, però, viene dichiarato inammissibile.
Nessun risarcimento verrà quindi riconosciuto al danneggiato. Come fare per evitare questo epilogo?
Secondo l’Istat, nel 2019 si è registrato un incremento del 3,3% del numero di incidenti stradali che hanno coinvolto ciclisti, dato che si ricollega, ovviamente, all’aumento delle vendite di biciclette e di e-bike (il 7 % in più, nel 2019 rispetto all’anno precedente). Il 25 % degli spostamenti giornalieri totali nel 2019, secondo l’Isfort, è stato su bicicletta; gli italiani che la usano come mezzo di trasporto quotidiano sono quasi due milioni ed anche i cicloturisti sono una componente in forte espansione.
Si tratta di dati che si presume siano destinati ad aumentare; con la fase di contenimento del contagio da Covid 19 e con gli incentivi economici ad acquistare le due ruote, nell’anno in corso, e nel successivo, la presenza di persone che pedalano sulle nostre strade sarà senz’altro più massiccia, con conseguente possibile aumento del numero di incidenti.
E se, come nel caso descritto in apertura, il ciclista viene investito, come spesso accade, da un’automobilista che poi scappa?
Orbene, in questo caso, secondo la Corte di Cassazione, il ciclista danneggiato che avanza la domanda risarcitoria deve agire con “attiva diligenza”.
In una recentissima pronuncia (Cass. n. 25474 del 12 novembre 2020), la Suprema Corte ha ribadito che, nell’ipotesi di incidente stradale causato da un veicolo non identificato, il danneggiato ha l’onere di provare le modalità del sinistro, la circostanza che questo sia attribuibile alla condotta colposa o dolosa di un altro veicolo e che tale veicolo sia rimasto sconosciuto. In relazione a questa condizione, la Corte ha precisato che non si richiede che il danneggiato compia particolari indagini, ma quantomeno che denunci il fatto alle autorità competenti e che renda loro disponibili tutti gli elementi informativi, in base ad un principio, appunto, di attiva diligenza richiesta al danneggiato.
Nella vicenda oggetto del giudizio deciso dalla Corte, invece, la domanda del danneggiato era stata ritenuta dai giudici di merito non fondata per la mancanza di collaborazione da parte dello stesso ciclista nell’identificazione dell’autovettura rimasta sconosciuta, non avendo egli neanche riferito, al momento del ricovero in ospedale, di essere stato investito da un veicolo rimasto sconosciuto il cui conducente non si era fermato a prestare soccorso.
E, allora, il ciclista, che è un soggetto che ha scelto di essere attivo e dinamico nelle strade della propria città, deve continuare ad esserlo anche dopo, nel malaugurato caso in cui venga investito da un – vigliacco - automobilista pirata.