«Gomorra» e i criteri di risarcimento del danno da violazione del diritto d’autore

Stefano Guadagno
20 Dicembre 2021

La Corte di Cassazione, Prima Sezione Civile, con ordinanza n. 39762 del 13 dicembre 2021 ha statuito che, nella quantificazione del risarcimento del danno, conseguentealla illecita riproduzione di tre articoli di cronaca, tratti da testate locali, e inseriti nel best seller «Gomorra», il Giudice del merito avrebbe dovuto tenere conto degli utili realizzati in violazione del diritto d'autore e non limitarsi a valutare i diritti che avrebbero dovuto essere riconosciuti, qualora l'autore della violazione avesse chiesto al titolare  l'autorizzazione  per  l'utilizzazione delle opere.   

1. Il caso

La vicenda processuale trae origine dalla domanda della casa editrice di una testata locale, avente ad oggetto l’accertamento della violazione da parte dello scrittore Roberto Saviano del diritto d’autore in relazione alla illegittma riproduzion nel testo dell’opera «Gomorra»  di alcuni articoli su quotidiani editi dall’attrice. Conseguentemente quest’ultima ha chiesto risarcirsi tutti i danni di nautra patrimoniale e non patrimoniale.

L’ordinanza in commento interviene a seguito della pronuncia, resa in sede di rinvio dalla Corte d’Appello di Napoli che – sollecitata dalla Cassazione, in funzione rescindente, a indicare specificamente i criteri di liquidazione del danno da lucro cessante – aveva ritenuto appropriato  il criterio di liquidazione del c.d. «prezzo del consenso» o «royalty virtuale» rapportato al momento della richiesta negli anni 2004-2005 e quindi senza tener conto del successivo enorme successo realizzato dal libro “Gomorra”. In particolare, la Corte territoriale, a quanto è dato desumere dal riassunto dell’antefatto processuale, aveva attribuito rilievo alla limitata circolazione dei due giornali ove gli articoli erano stati la primavolta pubblicati e aveva affermato l'iniquità di attribuire un beneficio economico al danneggiato, facendo evolvere il risarcimento in un inammissibile danno punitivo.

La casa editrice ha proposto ricorso per cassazione, desumendo, tra l’altro, la violazione dell’art. 158 L. 22 aprile 1941, n. 633 (Legge sul Diritto d’Autore, l.d.a.) che individua i criteri di determinazione e quantificazione del danno conseguente al plagio dell’opera intellettuale.

2. I criteri di liquidazione del danno da violazione del diritto d’autore

A norma dell’art. 158 l.d.a., così come modificato dall’art. 13 D.Lgs. 140 del 2006 (che ha recepito la Direttiva 2004/48, c.d. "Direttiva Enforcement"), “Il lucro cessante è valutato dal giudice ai sensi dell'articolo 2056, secondo comma, del codice civile, anche tenuto conto degli utili realizzati in violazione del diritto. Il giudice può altresì liquidare il danno in via forfettaria sulla base quanto meno dell'importo dei diritti che avrebbero dovuto essere riconosciuti, qualora l'autore della violazione avesse chiesto al titolare l'autorizzazione per l'utilizzazione del diritto”.

L’ordinanzain commento, richiamando i principi affermati dalla recente ordinanza n. 21833 del 29 settembre 2021, chiarisce che:

a) il lucro cessante è valutato dal giudice ai sensi dell'art. 2056 comma 2 cod.civ. ossia «con equo apprezzamento delle circostanze del caso» dunque ancora una volta ex art. 1226 cod.civ. cui si aggiunge però l'indicazione di un  parametro  esplicito  relativo agli «utili realizzati in violazione del  diritto»;

b) è prevista la possibilità di liquidazione «in via forfettaria sulla base quanto meno dell'importo dei diritti che avrebbero  dovuto essere riconosciuti, qualora l'autore della violazione avesse chiesto al titolare l'autorizzazione per l'utilizzazione del diritto».

L’art. 158 l.d.a., a giudizio del Supremo Collegio, pur prevedendo due criteri altenativi di liquidazione del danno senza fissare un ordine di preferenza, individua nel criterio del c.d. «prezzo del consenso», di cui al terzo periodo del secondo comma, la soglia minima di liquidazione equitativa del danno da violazione del diritto d’autore.

Ciò premesso, la Corte di Cassazione muove da un’interpretazione del diritto nazionale armonizzata con la Direttiva Enforcement, la quale, all’art. 13, pretende che l'entità del risarcimento da riconoscere al titolare tenga conto di tutti gli aspetti pertinenti quali la perdita di guadagno subita dal titolare dei diritti o i guadagni illeciti realizzati dall'autore della violazione e considera solo come alternativa la parametrazione dell'entità dal risarcimento alla  royalty virtuale (o c.d. «prezzo del consenso»).

In questa prospettiva, e nell’ottica dell’esigenza di un pieno ed effettivo ristoro del danno subito dal titolare del diritto d’autore, la pronuncia in commento attribuisce al criterio del «prezzo del consenso» natura sussidiara e residuale, non utilizzabile a fronte dell'indicazione, da parte del danneggiato, di ulteriori e diversi ragionevoli criteri equitativi.

3. Le conclusioni

Fatte queste premesse, l’ordinanzain commento ritiene che il Giudice del merito, nell’applicare il criterio del c.d. «prezzo del consenso», senza tenere conto degli «utili realizzati in violazione del  diritto», in assenza di adeguate ragioni giustificatrici, è incorso in una falsa applicazione dell’art. 158 l.d.a.

La pronuncia afferma quindi il seguente principio di diritto: «In tema di diritto d'autore, il risarcimento del danno da lucro cessante spettante al titolare del diritto violato deve essere completo ed effettivo e deve essere liquidato in via preferenziale dal giudice ai sensi dell'art.158, comma 2, l.d.a., interpretato in conformità all'art.13 della Direttiva 29.4.2004 n. 48- 2004/48/CE, del Parlamento Europeo e del Consiglio sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, con equo apprezzamento di tutte le circostanze del caso e tenendo anche conto degli utili realizzati in violazione del diritto e solo, in via sussidiaria e residuale, nei casi in cui ciò non sia possibile o riesca disagevole, in via forfettaria sulla base dell'importo dei diritti che avrebbero dovuto essere riconosciuti, qualora l'autore della violazione avesse chiesto al titolare  l'autorizzazione  per  l'utilizzazione   del  diritto  (cosiddetto «prezzo del consenso»)».

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