La commissione di estinzione anticipata non è computabile ai fini della verifica dell’usurarietà

Stefano Guadagno
1 Aprile 2022

La Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile, con sentenza del 7 marzo 2022, n. 7352 è tornata sul tema delle componenti del costo del credito, concludendo che la commissione di estinzione anticipata non è computabile ai fini della verifica dell’usurarietà degli interessi.

La Corte rammenta in premessa «l'importanza della tutela del debitore quale espressa dalla disciplina antiusura».

Muovendo da tale principio, la Cassazione, nella sua composizione più autorevole, con sentenza 18 settembre 2020 n. 19597, aveva già chiarito che «La disciplina antiusura trova applicazione anche agli interessi moratori intendendo essa sanzionare la pattuizione di interessi eccessivi convenuti al momento della stipula del contratto quale corrispettivo per la concessione del denaro, ma anche la promessa di qualsiasi somma usuraria sia dovuta in relazione al contratto concluso».

D’altra parte, pur assumendo, all’indomani di questo arresto, che gli interessi moratori siano assoggettati al divieto di superamento della soglia usuraria al momento della loro pattuizione o stipulazione, non si può trarre il corollario della indistinta assimilazione degli stessi agli interessi corrispettivi, essendo entrambi assoggettabili alle medesime soglie di cui alla tabella allegata ai periodici decreti ministeriali di rilevazione dei tassi medi praticati per ciascuna tipologia di operazioni.

Come precisato anche in epoca successiva all’intervento delle Sezioni Unite, la somma del tasso d’interesse corrispettivo e di quello moratorio risulta logicamente scorretta: il primo tasso, quello corrispettivo, è riferito all’intero capitale di credito e copre il periodo contrattualmente previsto per il finanziamento, il secondo, quello di mora, è riferito alla rata scaduta e/o al capitale scaduto ed è dovuto per il periodo successivo alla scadenza degli stessi. Ne discende il corollario che l’applicazione del tasso di mora non si cumula con il tasso corrispettivo, risultando il primo ‘sostitutivo’ del secondo, dal momento della scadenza della rata o del capitale rimasti impagati

In questi termini si è espressa Cass., 4 novembre 2021, n. 31615, secondo cui «ai fini della determinazione del tasso soglia, non è possibile procedere al cumulo materiale delle somme dovute alla banca a titolo di interessi corrispettivi e di interessi moratori, stante la diversa funzione che gli stessi perseguono in relazione alla natura corrispettiva dei primi e di penale per l'inadempimento dei secondi, sicché è necessario procedere al calcolo separato della loro relativa incidenza, per i primi ricorrendo alle previsioni dell'art. 2, comma 4, della legge n. 108 del 1996 e per i secondi, ove non citati nella rilevazione dei decreti ministeriali attuativi della citata previsione legislativa, comparando il tasso effettivo globale, aumentato della percentuale di mora, con il tasso effettivo globale medio del periodo di riferimento» (v. anche Cass., 20 maggio 2020, n. 9237).

Facendo applicazione di tali principi, la sentenza in commento afferma l’impossibilità di cumulare, ai fini della verifica della usurarietà, la commissione di estinzione anticipata con gli interessi moratori.

Infatti, gli interessi moratori «costituiscono una clausola penale risarcitoria volta a compensare il ritardo nella restituzione del denaro, così da sostituire, incrementati, gli interessi corrispettivi», come tali computabli ai fini della valutazione dell’usura.

Viceversa, la commissione di estinzione anticipata costituisce configura una multa penitenziale, la cui funzione «non è collegata se non indirettamente all'erogazione del credito, non rientrando tra i flussi di rimborso, maggiorato del correlativo corrispettivo o del costo di mora per il ritardo nella corresponsione di quello», bensì quella di compensare la banca mutuante delle conseguenze economiche per sé negative derivanti dall’estinzione anticipata del debito da restituzione, nell’ipotesi in cui il mutuatario intenda esercitare la facoltà di recesso prima della scadenza naturale del contratto.

In altre parole, «non si è di fronte (…) a "una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente" (arg. D.L. n. 185 del 2008, ex art. 2-bis, quale convertito), posto che, al contrario, si tratta del corrispettivo previsto per sciogliere gli impegni connessi a quella”.

Su queste premesse, la Corte conclude che «la natura di penale per recesso, propria della commissione di estinzione anticipata, comporta che si tratta di voce non computabile ai fini della verifica di non usurarietà».

Secondo questa ricostruzione, dunque, costituendo la commissione di estinzione anticipata un costo connesso alla facoltà attribuita al mutuatario di rimborsare anticipatamente il debito, non è collegata alla erogazione del credito e, dunque, non è computabile ai fini della valutazione della usurarietà dei tassi pattuiti, come richiesto dalla legge n. 108 del 1996.

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