In tema di mutuo bancario, a tasso fisso, con rimborso rateale del prestito regolato da un piano di ammortamento «alla francese», “non è causa di nullità parziale del contratto la mancata indicazione della modalità di ammortamento e del regime di capitalizzazione «composto» degli interessi debitori, per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto del contratto né per violazione della normativa in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti tra gli istituti di credito e i clienti”.

Questo il principio affermato dalle Sezioni Unite, con sentenza del 29 maggio 2024, n. 15130, a seguito di rinvio pregiudiziale disposto, ai sensi dell’art. 363 bis c.p.c., dal Tribunale di Salerno (decreto del 19 luglio 2023).

La questione di diritto sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite è se, in presenza di un mutuo a tasso fisso con piano di ammortamento c.d. «alla francese» allegato al contratto, il contratto debba contenere, a pena di nullità, anche l’esplicitazione del regime di ammortamento e della eventuale maggiore onerosità del suddetto piano rispetto ad altri piani di ammortamento. In particolare, le Sezioni Unite sono state chiamate a valutare se, in mancanza di detta indicazione, il contratto sia affetto da nullità parziale per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto del contratto (art. 1346 c.c.) e/o per violazione della trasparenza delle condizioni contrattuali (art. 117 T.u.b.).

La Corte – risolto positivamente il vaglio di ammissibilità del rinvio pregiudiziale – muove dalla illustrazione delle caratteristiche del piano di ammortamento «alla francese», in forza del quale “il mutuatario si obbliga a pagare rate di importo sempre identico composte dagli interessi, calcolati sin da subito sull’intero capitale erogato e via via sul capitale residuo, e da frazioni di capitale quantificate in misura pari alla differenza tra l’importo concordato della rata costante e l’ammontare della quota interessi”. Pertanto, il “rimborso delle frazioni di capitale conglobate nella rata in scadenza produce l’abbattimento del capitale (debito) residuo e la riduzione del montante sul quale sono calcolati gli interessi (maturati nell’anno), determinando così la progressiva diminuzione della quota (della rata successiva) ascrivibile agli interessi e il corrispondente aumento della quota ascrivibile a capitale e così via”.

Il piano così conformato prevede, dunque, il “pagamento del debito a «rate costanti» comprensive di una quota capitale (crescente) e di una quota interessi (decrescente)”.

L’ordinanza di rinvio ha evidenziato che, nel regime di capitalizzazione “composto”, “l’interesse prodotto in ogni periodo si somma al capitale e produce a sua volta interessi” (pag. 8), implicando, conseguentemente, “una maggiore onerosità del costo del denaro preso a prestito… in quanto la produzione di interessi su interessi costituisce, di per sé, un maggior costo” (pag. 11).

Su queste premesse, il Tribunale di Salerno ha posto in dubbio la determinatezza dell’oggetto ex art. 1346 c.c. e la trasparenza del contratto ex art. 117 t.u.b., nel caso di mancata esplicitazione del regime di ammortamento.

La sentenza in commento, prima di delibare le questioni poste dall’ordinanza di rinvio, evidenzia, innanzi tutto, come debba escludersi che l’ammortamento «alla francese» produca un effetto anatocistico, rilevando, nel solco delle osservazioni proposte dalla Procura Generale, che “l’ammortamento alla francese prevede che l’obbligazione per interessi sia calcolata sin da subito sull’intero capitale erogato benché quest’ultimo non sia ancora integralmente esigibile”, ma allo stesso tempo prevede che “la quota capitale è incrementata con gli interessi generati, però, non (necessariamente) su altri interessi ma sul capitale (debito) residuo, né destinati (necessariamente) a generare a loro volta (diventando parte della somma fruttifera di) ulteriori interessi nel periodo successivo” (v., negli stessi termini, Cass. n. 13144/2023).

Sotto altro profilo la Corte – nello scrutinare la validità dell’ammortamento «alla francese» sotto il profilo della meritevolezza dell’interesse ex art. 1322, co. 2, c.c. – conclude che è legittimo “che gli interessi diventino convenzionalmente esigibili prima che diventi esigibile (in tutto o in parte) il capitale, potendo le parti convenzionalmente stabilire che gli interessi si versino nel corso del rapporto prima del capitale o in un’unica soluzione alla fine del rapporto contestualmente al rimborso del capitale (artt. 1815 e 1820 c.c.)”.   

Da tali prospettazioni di carattere generale, discendono le conclusioni cui pervengono le Sezioni Unite in relazione alle questioni sottoposte al loro vaglio.

Con riguardo alla questione della determinabilità dell’oggetto del contratto, la sentenza in commento esclude che l’omessa indicazione del regime di capitalizzazione «composto» degli interessi e della modalità di ammortamento «alla francese» comporti, in sé, la indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto e, di conseguenza, la nullità (parziale) del contratto di mutuo bancario, ai sensi degli artt. 1346 e 1418, comma 2, c.c., allorché “il contratto di mutuo contenga le indicazioni proprie del tipo legale (art. 1813 ss. c.c.), cioè la chiara e inequivoca indicazione dell’importo erogato, della durata del prestito, della periodicità del rimborso e del tasso di interesse predeterminato”.

La Corte giunge a tale conclusione sul presupposto che “mancanza di un fenomeno di produzione di interessi su interessi, la tipologia di ammortamento adottato non incide di per sé sul tasso annuo (TAN) che dev’essere (ed è stato) esplicitato nel contratto né sul tasso annuo effettivo globale (TAEG) anch’esso esplicitato”.

Dunque, è da escludersi la nullità della clausola di determinazione del regime di capitalizzazione nella misura in cui – come nel caso che ha dato origine al rinvio pregiudiziale – sono indicate “il numero e la composizione delle rate costanti di rimborso con la ripartizione delle quote per capitale e per interessi”, essendo il mutuatario posto in condizioni di “ricavare agevolmente l’importo totale del rimborso con una semplice sommatoria”.

Sotto altro profilo, come anticipato, l’ordinanza di rinvio ha prospettato la mancanza di trasparenza delle condizioni contrattuali, ai sensi dell’art. 117, 4° co., t.u.b., in relazione alla maggior quota di interessi complessamente dovuti in presenza di ammortamento «alla francese» rispetto a quello «all’italiana», e dunque chiesto di verificare se tale effetto costituisca un prezzo ulteriore e occulto che rende il tasso d’interesse effettivo maggiore di quello nominale (TAN) e del TAEG dichiarati nel

contratto, di cui il cliente dovrebbe essere informato.

Sul punto, la Corte – ribadito che non è riscontrabile un effetto anatocistico – conclude che il piano di ammortamento «alla francese» “non si traduce in una maggiore voce di costo, prezzo o esborso da esplicitare nel contratto, non incidendo sul TAN e sul TAEG, ma costituisce il naturale effetto della scelta concordata di prevedere che il piano di rimborso si articoli nel pagamento di una rata costante (inizialmente calmierata) e non decrescente”. Pertanto, non essendo ravvisabile nella normativa primaria e secondaria l’obbligo a carico della banca di esplicitare il regime di ammortamento nel contratto, la Corte conclude che è assolto l’obbligo di trasparenza contrattuale mediante l’allegazione delpiano di ammortamento “in base al quale al cliente è assicurata la possibilità di verificare la rispondenza dell’offerta alle proprie esigenze e alla propria situazione finanziaria e di valutarne la convenienza confrontandola con altre offerte presenti eventualmente sul mercato”.

Le Sezioni Unite, dunque, escludono in maniera chiara, e probabilmente definitiva che l’indicazione, nel contratto di mutuo, del piano di ammortamento e del regime di capitalizzazione costituisca un requisito di validità. Allo stesso tempo, rimane aperto il dibattito, già sollecitato dai primi commentatori della sentenza in esame, circa la possibilità di fare oggetto di un obbligo di informazione a carico dell’istituto di credito l’esplicitazione del regime di ammortamento e della eventuale maggiore onerosità del suddetto piano rispetto ad altri piani di ammortamento.

La stessa Cassazione lascia aperto tale scenario, pur sottolineando che in tale ipotesi, la violazione del predetto obbligo (di comportamento) comporterebbe conseguenze “sul piano della responsabilità dell’istituto di credito e non della validità del contratto”, in ossequio al principio di non interferenza tra regole di validità e regole di comportamento, riaffermato dalle Sezioni Unite con le sentenze nn. 26724 – 26725 del 2007.

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