Obbligare una lavoratrice madre, unica affidataria di figlio minore di dodici anni, a svolgere lavoro notturno costituisce condotta discriminatoria. Questo è quanto ha affermato il Tribunale di Roma in una recente sentenza (Tribunale di Roma, n. 21774/2021 del 27 febbraio 2021).

Con ricorso ex art. 38 d.l.gs. 198/2006, una lavoratrice madre di due minori con la medesima conviventi, deducendo di essere stata costretta ad effettuare ore di lavoro notturno, aveva lamentato di essere stata posta in una condizione di svantaggio rispetto agli altri lavoratori e alle altre lavoratrici non genitori di figli minori per effetto dell’esclusione dal beneficio dell’esenzione dal lavoro notturno.

Secondo la tesi della ricorrente, vi sarebbe stata una disparità di trattamento tra lavoratori in ragione di maternità (o paternità) in contrasto con la principale normativa europea, nonché in virtù dell’art. 25, co. 2 bis d.lgs. n. 198/2006 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna) secondo il quale “costituisce discriminazione, ai sensi del presente titolo, ogni trattamento meno favorevole in ragione dello stato di gravidanza, nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti” (il tema è stato affrontato dal nostro Studio anche in ‘Gravidanza e mancato rinnovo del contratto di lavoro: c’è discriminazione?’ https://www.studioclaudioscognamiglio.it/gravidanza-e-mancato-rinnovo-del-contratto-di-lavoro-ce-discriminazione/).

La premessa del Giudice è proprio quella secondo la quale la maternità è ancora oggi un importante fattore di discriminazione diretta sul mercato e all’interno delle dinamiche lavorative. Non a caso, il legislatore è intervenuto con svariate disposizioni assicurando alle lavoratrici madri una protezione specifica di grado più elevato.

E, infatti, l’art. 11, comma 2, lett. b) del d.lgs. n. 66/2003 (Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell'orario di lavoro)  - secondo il Giudice del Lavoro di Roma - ha introdotto, nel nostro ordinamento, una tutela differenziata in favore delle lavoratrici madri ovvero una disparità c.d. vantaggiosa avente la funzione di riequilibrare la posizione di tali soggetti, portatori, nella sostanza, di un importante fattore di diseguaglianza, rispetto ai lavoratori di sesso maschile ovvero alle lavoratrici senza figli ‘in situazione analoga’.

Si rammenta che la norma ora citata, dopo aver previsto il divieto delle donne al lavoro dalle ore 24 alle ore 6, dall’accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino, ha disposto che “non sono inoltre obbligati a prestare lavoro notturno: a) la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa: b) la lavoratrice o il lavoratore che sia l’unico genitore affidatario di un figlio convivente con la stessa”.

Secondo il Tribunale, nel caso di specie, il datore di lavoro, concedendo (l’unico) beneficio di terminare il lavoro alle 24 anziché alle 00:15, avrebbe fornito un’interpretazione errata della norma con il conseguente inserimento della lavoratrice nella “normale e ordinaria ciclazione dei turni al pari dei suoi colleghi con il medesimo inquadramento e funzioni”.

In altre parole, si sarebbe prodotto un risultato sostanzialmente identico a quello che il legislatore mirava ad evitare. E tale risultato sarebbe discriminatorio atteso che l’inserimento nella consueta turnazione, sia pure, come detto, con l’esenzione dalle ore 24 anziché dalle ore 22, avrebbe ricreato proprio quella situazione di svantaggio in ragione della maternità che, appunto, la norma tendeva a neutralizzare.

Pertanto, reputando sufficiente, al fine di integrare la fattispecie discriminatoria, la prova dell’effetto pregiudizievole (sul punto si veda anche l’approfondimento sopra citato https://www.studioclaudioscognamiglio.it/gravidanza-e-mancato-rinnovo-del-contratto-di-lavoro-ce-discriminazione/), la domanda è stata accolta.

Ritenuta sussistente la discriminazione lamentata, il Giudice ha così ordinato alla Società datrice di lavoro la cessazione del comportamento illegittimo, con la concessione alla lavoratrice dell’esenzione dal lavoro notturno.

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