Il decreto legge n. 44 del 1° aprile 2021, nel disporre misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID – 19, ha previsto – finalmente – anche l’obbligo vaccinale per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario (cfr. art. 4).

L’obiettivo espressamente prefissato è quello di tutelare la salute pubblica e il mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, fino alla completa attuazione del piano vaccinale e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021.

L’obbligo coinvolge gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali. Per loro, come si anticipava, è previsto l’obbligo di sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell’infezione da Sars – Cov-2, con la conseguenza che la medesima vaccinazione costituirà ora requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese.

Tuttavia, è prevista una possibilità di esonero: nel caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale, la vaccinazione può essere omessa o differita.

L’iter amministrativo

Il decreto prevede un iter amministrativo che coinvolge ordini professionali, regioni e datori di lavoro.

Si parte dalla trasmissione, da parte di ciascun ordine professionale, dell’elenco degli iscritti, alla regione o alla provincia autonoma competente, entro cinque giorni dalla data di entrata in vigore del decreto. Entro il medesimo termine, i datori di lavoro degli operatori sanitari trasmettono l’elenco dei propri dipendenti con tale qualifica alla regione o alla provincia autonoma.

Entro dieci giorni dalla data di ricezione di tali elenchi, le regioni e le province, per il tramite dei servizi informativi vaccinali, verificano lo stato vaccinale di ciascuno dei soggetti rientranti negli elenchi; nel caso in cui non risulti l’effettuazione delle vaccinazioni o la presentazione della richiesta, la regione, o la provincia, segnala immediatamente all’azienda sanitaria locale i nominativi dei soggetti che non risultano vaccinati.

A questo punto, spetta allora all’azienda sanitaria locale di residenza invitare l’interessato a produrre, entro cinque giorni, la documentazione comprovante l’effettuazione della vaccinazione, l’omissione o il differimento, o la presentazione della richiesta. Nel caso di mancata presentazione della documentazione, l’azienda sanitaria locale invita formalmente l’interessato a sottoporsi alla somministrazione del vaccino.

E nel caso di mancata osservanza?

Se l’azienda sanitaria locale accerta l’inosservanza dell’obbligo vaccinale, previa acquisizione delle ulteriori eventuali informazioni presso le autorità competenti, ne dà immediata comunicazione scritta all’interessato, al datore di lavoro e all’ordine professionale di appartenenza. L’adozione dell’atto di accertamento da parte dell’azienda sanitaria locale determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da Sars-CoV-2.

Ecco, allora, che il datore di lavoro, una volta ricevuta la comunicazione di sospensione, adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni, anche inferiori, diverse da quelle sopra indicate, con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate e che, comunque, non implicano i rischi di diffusione del contagio. Tuttavia, se l’assegnazione a mansioni diverse non è possibile, per il periodo di sospensione, non è dovuta la retribuzione, altro compenso o emolumento, comunque denominato.

Va da sé che la sospensione sopra indicata rimane efficace fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021.

Dunque le disposizioni, ed il conseguente obbligo, coprono un arco temporale all’evidenza breve. Speriamo siano sufficienti.

Dopo ormai alcuni mesi dall’inizio della campagna vaccinale, ecco una prima pronuncia connessa al tema del vaccino da Covid – 19.

Il Tribunale di Belluno, Sezione Lavoro, con ordinanza del 19 marzo 2021, resa all’esito di un procedimento instaurato con ricorso ex art. 700 c.p.c., ha reputato legittima la decisione di una struttura sanitaria che aveva posto in ferie forzate alcuni operatori “no vax”.

Per mezzo di una seppur succinta, ma chiara, motivazione, il Giudice è giunto a rigettare il ricorso proposto dai lavoratori diretto ad ottenere la riammissione in servizio.

Il Tribunale ha preso le mosse dall’art. 2087 c.c., norma che, come è noto, impone all’imprenditore di adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.

Secondo il Giudice, essendo “ormai notoria l’efficacia del vaccino per cui è causa nell’impedire l’evoluzione negativa della patologia causata dal Virus SARS – Cov – 2”, e non contestato che “i ricorrenti sono impiegati in mansioni a contatto con persone che accedono al loro luogo di lavoro”, sarebbe evidente il rischio per i lavoratori di essere contagiati.

Pertanto, la permanenza dei ricorrenti nel luogo di lavoro comporterebbe per il datore di lavoro la violazione dell’art. 2087 c.c.

E, allora, nel caso di specie, l’esigenza del datore di lavoro di osservare il disposto di tale norma è da considerare prevalente sull’eventuale diritto del lavoratore ad usufruire di un diverso periodo di ferie.

Il provvedimento, che si limita, dunque, a far riferimento a ferie, legittime e, ovviamente, retribuite, non si pronuncia su cosa potrebbe accadere nel caso in cui le ferie spettanti ai lavoratori si esaurissero. È evidente, dunque, che la soluzione adottata dal datore nel caso affrontato dal Tribunale di Belluno può essere solo temporanea.

Cosa accadrà se la situazione epidemiologica, ed il conseguente pericolo di contagio, non cambieranno ed i lavoratori continueranno a rifiutare il vaccino?

Intanto, il Governo sta valutando di introdurre l’obbligo di vaccinazione per gli operatori sanitari.

Del resto, la Costituzione lo consentirebbe, a condizione che l’obbligatorietà sia prevista da una legge o da un atto equivalente.

Parola (anche) dei migliori giuristi (Gustavo Zagrebelsky).

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