Non esiste una risposta univoca a tale domanda.
Esistono però alcuni principi che la Cassazione ha più volte ribadito – da ultimo con l’ordinanza n. 12152/2024 che qui brevemente si commenta – che consentono di rispondere caso per caso.
Bisogna in primo luogo considerare che nel nostro ordinamento non è sancito un divieto assoluto per il lavoratore in malattia di prestare un’altra attività lavorativa, anche in favore di terzi. Ciò che rileva, infatti, è che l’evento morboso che abbia colpito il lavoratore gli impedisca di svolgere quella determinata attività oggetto del contratto di lavoro, ben potendo tuttavia accadere che le residue capacità psico-fisiche, non menomate dalla malattia, gli consentano di svolgere altre attività.
Vi sono alcuni casi, cionondimeno, in cui lo svolgimento di altre e diverse attività nel periodo di malattia può avere una rilevanza disciplinare.
Ciò si verifica quando la diversa attività svolta dal lavoratore assente per malattia (la cui prova concreta deve essere fornita in giudizio dal datore di lavoro) sia tale da “far presumere l’inesistenza dell’infermità addotta a giustificazione dell’assenza, dimostrando quindi una sua fraudolenta simulazione” da parte del lavoratore, oppure quando la natura di tale attività, rapportata alla tipologia di infermità che provoca l’assenza dal posto di lavoro, “sia tale da pregiudicare o ritardare, anche potenzialmente, la guarigione o il rientro in servizio del lavoratore”.
Due, pertanto, le ipotesi in cui lo svolgimento di altre attività da parte del lavoratore malato – concretando una violazione del dovere generale di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto – può condurre ad un (fondato) licenziamento disciplinare del dipendente: lo svolgimento di un’attività che “svela” la natura fraudolenta dell’evento morboso oppure lo svolgimento di un’attività che pregiudica o ritarda, anche solo potenzialmente, il pieno recupero delle energie psico-fisiche del lavoratore (a cui l’assenza dal posto di lavoro in ragione dello stato di malattia è ontologicamente preordinata).
Un monito, quindi: se non tutte le attività sono vietate, ciò non significa che tutte le attività sono permesse.