La Cassazione con l’ordinanza n. 23390 del 30 agosto 2024 si è pronunciata sulla responsabilità della banca nel caso di pagamento di un assegno bancario non trasferibile a soggetto diverso dal legittimo prenditore, ribadendo l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. 1, sentenze nn. 34107 e 34108 del 19/12/2019).  

Con il ricorso per cassazione la Banca aveva lamentato la falsa applicazione dell'art. 1176 c.c. non essendo possibile ravvisare alcuna responsabilità del cassiere, in quanto il titolo – che nel caso di specie era costituito da un assegno non trasferibile - non presentava segni di alterazione e contraffazione.

Il titolo era stato legittimamente negoziato in favore di un soggetto identificato e corrispondente dal punto di vista anagrafico al beneficiario indicato nell'assegno.

A fronte di tali circostanze il funzionario di banca non aveva alcun ulteriore obbligo di accertamento ai fini della identificazione del prenditore. I documenti successivamente sono risultati falsi.

Per la ricorrente, nel caso in cui l'eventuale irregolarità (falsificazione ed alterazione) dei requisiti esteriori del titolo non sia immediatamente rilevabile usando la normale diligenza inerente all'attività bancaria, non può dirsi sussistente un obbligo per l’istituto di credito di predisporre un’attrezzatura qualificata dal punto di vista tecnologico al fine di verificare l'autenticità delle sottoscrizioni o di altre contraffazioni dei titoli presentati per la riscossione. Nell’affermare quanto sopra la Banca nel ricorso ha quindi richiamato l’orientamento giurisprudenziale di legittimità in materia costituito da Cass. 1377/2016; Cass. 16332/2016; Cass. 26947/2016.

In sintesi, la questione sottoposta allo scrutinio della Corte riguarda l’identificazione dello sforzo di diligenza richiesto all'operatore bancario in caso di presentazione all'incasso di titolo non alterato o contraffatto mediante documento di identità anch'esso privo di alterazioni.

La Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato affermando che per l’accertamento della responsabilità del cassiere costituisce principio consolidato della giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. 1, sentenze nn. 34107 e 34108 del 19/12/2019) quello secondo cui «In materia di pagamento di un assegno di traenza non trasferibile in favore di soggetto non legittimato, al fine di valutare la sussistenza della responsabilità colposa della banca negoziatrice nell'identificazione del presentatore del titolo, la diligenza professionale richiesta deve essere individuata ai sensi dell'art. 1176, comma 2, c.c., che è norma «elastica», da riempire di contenuto in considerazione dei principi dell'ordinamento, come espressi dalla giurisprudenza di legittimità, e dagli «standards» valutativi esistenti nella realtà sociale che, concorrendo con detti principi, compongono il diritto vivente; è stato in particolare precisato che non rientra in tali parametri la raccomandazione, contenuta nella circolare ABI del 7 maggio 2001 indirizzata agli associati, che segnala l'opportunità per la banca negoziatrice dell'assegno di traenza di richiedere due documenti d'identità muniti di fotografia al presentatore del titolo, perché a tale prescrizione non può essere riconosciuta alcuna portata precettiva, e tale regola prudenziale di condotta non si rinviene negli standard valutativi di matrice sociale ovvero ricavabili dall'ordinamento positivo, posto che l'attività di identificazione delle persone fisiche avviene normalmente tramite il riscontro di un solo documento d'identità personale.».

Neppure è richiesta, ai fini dell’individuazione dello sforzo di diligenza richiesto alla Banca dall'art. 1176, comma 2, c.c., l’identificazione a mezzo di due documenti identificativi muniti di fotografia, “posto che l'attività di identificazione delle persone fisiche avviene normalmente tramite il riscontro di un solo documento d'identità personale”.

In definitiva, nel caso di assegno circolare in cui sono assenti evidenti segni di contraffazione e di documento di identità anch’esso privo di elementi di criticità tali da far sospettare la apocrifia dei medesimi, ha concluso la Cassazione, “lo sforzo di diligenza esigibile al cassiere, nel caso di insussistenza di ulteriori anomalie significative, è assolto con la verifica dell'esatta corrispondenza delle generalità anagrafiche riportate sul documento di identità con quelle indicate nel titolo”.

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