Con l’ordinanza n. 21461 del 31 luglio 2024 la Corte di Cassazione si è espressa in tema di responsabilità per danno cagionato da cose in custodia, di cui all'art. 2051 c.c., con riferimento ad un sinistro verificatosi in seguito ad una alluvione ad un autoveicolo custodito in un’autorimessa

1. - I fatti di causa

Con la sentenza n. 226 del 7 marzo 2023 la Corte d’Appello di Genova, confermando la decisione di primo grado, ha accolto la domanda proposta da L... volta ad ottenere il ristoro dei danni patiti dal proprio autoveicolo a causa dell’allagamento dell’autorimessa gestita dalla Italiana Parcheggi s.r.l. dovuto all’esondazione di un fiume.

La Società convenuta sin dal primo grado aveva chiamato in causa la propria assicurazione Allianz S.p.A. al fine di essere manlevata da ogni responsabilità.

Il Tribunale di Genova, ritenuto dimostrato il rapporto di custodia tra la soc. Italiana Parcheggi Srl e l’autorimessa, nonché il nesso di causalità tra la cosa ed il danno lamentato dall’attore, ha valutato come “non eccezionale” il fenomeno meteorologico verificatosi la sera del sinistro e conseguentemente ha dichiarato la convenuta Italiana Parcheggi s.r.l. responsabile dell’evento dannoso.

La terza chiamata Allianz S.p.a è stata quindi condannata al pagamento diretto ai sensi dell’art. 1917, co. 2, c.c. del risarcimento del danno in favore dell’attore.

2. - L’ordinanza della Cassazione

Il ricorso per cassazione proposto dalla compagnia assicurativa è stato rigettato dalla Cassazione che con l’ordinanza in commento ha confermato le argomentazioni della sentenza di merito.

La Corte di Cassazione ha ritenuto di dover affrontare per una questione di priorità logica il terzo motivo di ricorso, ritenendolo infondato. Con tale motivo il ricorrente ha dedotto la nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente, “essendo il risultato della trascrizione della parte motiva di altra decisione resa in un diverso giudizio tra parti differenti, anche se riguardante lo stesso sinistro”. La sentenza era in ogni caso da caducare essendo sorretta da argomentazioni contraddittorie.

La Cassazione nel rigettare il terzo motivo di ricorso ha richiamato il principio espresso dalle Sezioni Unite con la pronuncia n. 8053/2014 per cui : “si può parlare di vizio di omessa motivazione solo quando essa manchi graficamente, presentando quindi vizi logici, lacune o aporie da renderne apparente il relativo supporto decisorio; con la precisazione che tali vizi devono emergere, da una prima lettura, del tessuto argomentativo, restando estranea, ai compiti di controllo di questa Corte, "una verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle quaestiones facti, la quale implichi un raffronto tra le ragioni del decidere adottate ed espresse nella sentenza impugnata e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del Giudice di merito”.

Con riferimento alla motivazione di una decisione per relationem, la Corte ne ha ribadito la legittimità purché “il Giudice dia conto, anche solo sinteticamente, dei motivi di conferma delle ragioni di altra pronuncia in riferimento all'impugnazione proposta, avuto riguardo all'identità delle questioni prospettate rispetto a quelle esaminate, in modo che dalla loro lettura possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente”.

Nel caso di specie la motivazione data dalla Corte d'Appello, pur avendo riprodotto i passaggi di altra pronuncia (comunque relativa al medesimo sinistro verificatosi a seguito dell’alluvione del 9.10.2014), “è rimasta autosufficiente, avendone mutuati i contenuti e resi oggetto di autonoma valutazione”.

La motivazione non sarebbe neppure contraddittoria “perché oggettivamente comprensibile ed idonea ad assolvere alla precipua funzione di esplicitare le ragioni sottese alla pronuncia”.

Nemmeno in relazione alla statuizione relativa al lamentato concorso colposo dello stesso danneggiato poteva rilevarsi una contraddittorietà della motivazione.

La motivazione è coerente e logica nonché frutto di un’attenta disamina delle risultanze probatorie da cui è, in particolare, risultato che “il 9.10.2014, giorno dell'alluvione a Genova, l'autorimessa era pacificamente aperta senza che fossero presenti cartelli o avvisi sul grado di allerta disposto con l'ordinanza sindacale n. 221/2012, che è stata pertanto disattesa, in violazione degli obblighi di custodia”.

Con il secondo motivo di ricorso, Allianz ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. per aver il giudice di secondo grado erroneamente posto, a carico del locatore, l'obbligo di intervenire per far realizzare a terzi le opere nel parcheggio, dando per presupposto che il custode, in caso di mancato controllo o manutenzione della cosa locata, è responsabile dei danni cagionati da quest’ultima.

Secondo la Corte di Cassazione sono da considerarsi erronei i riferimenti fatti dalla Corte d’appello ad inadempiuti oneri di positivo intervento accollati al custode, che, invece, risponde in ogni caso dei danni derivati dalla cosa, salvo il solo caso fortuito.

Al di là di questo aspetto, le doglianze della ricorrente sono state comunque ritenute contrarie ai principi di diritto enunciati dalla giurisprudenza di legittimità che, in tema di responsabilità per danno cagionato da cose in custodia, di cui all'art. 2051 c.c., ha affermato che “l’adozione, da parte dell'autorità amministrativa, di delibere dichiarative dello stato di calamità non costituisce di per sé prova dell'eccezionalità ed imprevedibilità degli eventi meteorici che abbiano causato danni alla popolazione, in quanto il concetto di "calamità naturale" espresso nelle leggi sulla protezione civile si riferisce al danno o al pericolo di danno e alla straordinarietà degli interventi tecnici destinati a farvi fronte, non alle caratteristiche intrinseche degli eventi naturali che di quel danno siano stati la causa o la concausa (Cass. n. 2482/2018)”.

Tali principi sono stati ribaditi più volte dalla giurisprudenza di legittimità anche a Sezioni Unite, la quale ha stabilito che:

“(a) la natura oggettiva comporta che per sussistere la responsabilità è necessaria la sola dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, e non già una presunzione di colpa del custode;

(b) tale responsabilità può essere esclusa solo in due casi: prova del caso fortuito, senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, rientrando l'ipotesi nella categoria dei fatti giuridici, oppure dimostrazione della rilevanza causale della condotta del danneggiato, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno, rientrando detta ipotesi invece nella categoria dei fatti umani, connotata in modo indefettibile da colpa ex art. 1227 c.c. e dalla oggettiva imprevedibilità e imprevedibilità rispetto all'evento dannoso;

(c) concetti questi ultimi da intendersi non già come assoluta impossibilità di prevedere l'eventualità di una condotta imprudente, negligente o imperita del danneggiato, ma nel senso di rilevanza delle sue condotte come oggettivamente imprevedibili o anche solamente colpose …, perché violative dei doveri minimi di cautela, che vanno valutati non sul piano soggettivo del custode, ma, ancora una volta, su quello puramente oggettivo della regolarità causale”.

Proprio la coerenza della motivazione della sentenza di merito rispetto a questi principi, consolidati nella giurisprudenza di legittimità, ha portato la Corte a ritenere inammissibile ex art. 360 – bis 1) il motivo di ricorso che aveva tentato di revocarli in discussione.

In conclusione, la Corte ha rigettato il ricorso condannando la ricorrente al pagamento delle spese

Sulla responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c. leggi sul nostro sito l’articolo di Stefano Guadagno - Responsabilità ex art. 2051 c.c: il danneggiato non deve provare l’assenza di colpa

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