La Terza Sezione Civile della Cassazione, con ordinanza n. 24588 del 5 settembre 2025 ha rimesso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione, se, ai fini della domanda di risarcimento dei danni per la lesione delle libertà fondamentali dell’individuo cagionata da provvedimenti giurisdizionali, sia necessario il preventivo esperimento di tutti i rimedi che l’ordinamento appresta avverso questi ultimi.
La vicenda processuale
Un cittadino straniero conveniva diverse Pubbliche Amministrazioni al fine di veder accertato il proprio diritto al risarcimento del danno non patrimoniale derivatogli dalla illegittima proroga del trattenimento presso il C.I.E. - Centro di identificazione ed espulsione.
Il Tribunale di Roma, respinta la domanda principale volta all'accertamento dell'illegittimità del decreto di trattenimento presso il C.I.E., accoglieva la domanda subordinata, per essere stati i primi due provvedimenti di proroga del trattenimento adottati dal Giudice di Pace di Bari senza la garanzia del contraddittorio e con violazione del diritto di difesa, e per l'effetto condannava la Presidenza del Consiglio dei Ministri al risarcimento dei danni non patrimoniali in favore dell’attore.
La sentenza veniva confermata in appello.
La Presidenza del Consiglio ha fondato il primo motivo di ricorso per cassazione sull’assunto che il presupposto per potersi configurare un obbligo risarcitorio è che siano stati previamente esperiti tutti i rimedi che l'ordinamento appresta avverso il provvedimento giurisdizionale che si assume foriero di danni.
Ha sostenuto l’amministrazione che, poiché i danni causati dalla protrazione dell'indebito restringimento in un C.I.E. sarebbero derivati da violazioni procedimentali intrinsecamente attinenti al giudizio di convalida della richiesta di proroga e, dunque, unicamente imputabili all'attività giurisdizionale, la parte istante avrebbe dovuto contestare l'illegittimità del provvedimento nella competente sede giurisdizionale, con il rimedio del ricorso per cassazione a tal fine previsto.
Il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento
L’ordinanza in commento muove dalla ricognizione della disciplina - affidata al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) - del procedimento di convalida del trattenimento presso il centro di identificazione ed espulsione del cittadino interessato dal provvedimento di respingimento.
In particolare, ai sensi dell’art. 14, co. 5, il periodo massimo di trattenimento è contenuto in trenta giorni. Qualora però l'accertamento dell'identità e della nazionalità ovvero l'acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori trenta giorni. Contro i decreti di convalida e di proroga di cui al comma 5 è proponibile ricorso per cassazione (art. 14, co. 6).
Nel diritto unionale, la tematica dei rimpatri è disciplinata dalla direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.
La Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (art. 5 co. 1) offre poi una elencazione dei motivi per i quali una persona può essere privata della sua libertà, precisando che "ogni persona privata della libertà mediante arresto o detenzione ha il diritto di presentare un ricorso a un Tribunale, affinché decida entro breve termine sulla legittimità della sua detenzione e ne ordini la scarcerazione se la detenzione è illegittima”. Al quinto comma è inoltre previsto che "ogni persona vittima di arresto o di detenzione in violazione di una delle disposizioni del presente articolo ha diritto a una riparazione".
La Corte Costituzionale (sent. 222 del 2004) ha dichiarato l'incostituzionalità dell’art. 13, co. 5 bis, D.Lgs. 286/98 nella parte in cui non prevede che il giudizio di convalida debba svolgersi in contraddittorio dello straniero prima dell'esecuzione del provvedimento di accompagnamento alla frontiera, con le garanzie della difesa.
La Corte di Cassazione, nei diversi precedenti citati dalla ordinanza in commento, ha chiarito che:
Il provvedimento in esame, nella ricognizione della giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo, richiama la sentenza del 6 ottobre 2016 (Richmond Yaw e altri contro Italia, ricorsi 3342/11, 3391/11, 3408/11 e 3447/11), la quale ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno proprio nel caso della concessione della proroga del termine di trattenimento dello straniero presso il C.I.E. senza che gli fosse stata assicurata la garanzia del contraddittorio, dato che nel caso di specie nulla gli era stato comunicato, né era stata fissata udienza, né era stato sentito. La Corte, in particolare, ha rilevato che:
La Cassazione rileva peraltro che la citata sentenza non è specificamente riferibile al caso di specie, avendo ad oggetto un'ipotesi in cui la tutela risarcitoria era stata chiesta dopo che il provvedimento di convalida della proroga del trattenimento era stato impugnato ed era stato annullato dalla medesima Cassazione.
La questione rimessa al Primo Presidente
La Terza Sezione Civile conclude quindi che, in relazione alla questione se "il presupposto per potersi configurare un obbligo risarcitorio è che siano stati previamente esperiti tutti i rimedi che l'ordinamento appresta avverso il provvedimento giurisdizionale che si assume foriero di danni", non constano precedenti specifici nella giurisprudenza unionale, né risultano specifici precedenti di legittimità; inoltre la stessa presenta un chiaro e rilevante valore nomofilattico ed è suscettibile di porsi in numerosi giudizi.
Pertanto, l’ordinanza ritiene che la questione possa essere considerata di particolare importanza e dispone la trasmissione del ricorso alla Prima Presidente, affinché valuti l'assegnazione del ricorso stesso alle Sezioni Unite.