Un lavoratore aveva impugnato il licenziamento per superamento del periodo di comporto che gli era stato intimato dalla Società datrice di lavoro. Il Tribunale aveva respinto la sua opposizione all’ordinanza del medesimo Tribunale che, nella fase sommaria del procedimento ex. l. 92/2012, aveva rigettato le sue domande. La Corte d’appello, nell’accogliere il reclamo, aveva invece reputato fondata la domanda di reintegra del lavoratore, ritenendo che questi era stato indotto in errore dalla datrice di lavoro sul numero di giorni di assenza per malattia effettuate, indicando nei prospetti presenze allegati alle buste paga un numero di assenze per malattia di gran lunga inferiore a quelle conteggiate nella lettera di licenziamento.
La Società datrice di lavoro aveva impugnato la decisione di secondo grado, ma la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso (ord. 8 agosto 2024, n. 22455).
Secondo la Cassazione, il giudice di appello ha condiviso l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale laddove, come nel caso di specie, la contrattazione collettiva non contenga un’espressa previsione in tal senso, il datore di lavoro non ha alcun obbligo di preavvertire il lavoratore dell’imminente superamento del periodo di comporto (Avevamo affrontato la questione già inIl licenziamento per malattia: sussiste l’obbligo datoriale di informare il lavoratore dell’imminente superamento del periodo di comporto?).
Tuttavia, la medesima Corte territoriale, aveva ritenuto che, nella vicenda affrontata, un tale adempimento fosse, invece, necessario per correggere le indicazioni erronee e fuorvianti che lo stesso datore di lavoro aveva fornito al lavoratore nei prospetti presenze allegati alle buste paga e, quindi, per eliminare quel ragionevole affidamento ingenerato nel lavoratore dal precedente e reiterato comportamento datoriale.